L’ultima condanna è di qualche giorno fa. Il Consiglio d'Europa, stilando la periodica classifica dei paesi inadempienti dal punto di vista del rispetto dei diritti dell'uomo, ha «regalato» all'Italia la maglia nera. La condanna è relativa soprattutto alla lentezza dei processi e al ritardo del pagamento dei relativi risarcimenti cui si viene condannati. Per esempio: ci sono sentenze emesse già cinque anni fa che non sono state ancora eseguite. Solo quest'anno oltre 2500 sentenze non sono state eseguite, un quarto del totale. In testa a questa classifica negativa, con Turchia e Russia, che ne hanno la metà.
Anche le somme da risarcire sono aumentate rispetto all'anno precedente. Nel 2010 lo Stato ha dovuto indennizzare cittadini che hanno vinto il ricorso alla Corte europea per oltre sei milioni di euro. Nel 2011 la cifra è salita a otto milioni e mezzo. La Corte inoltre ha già condannato più volte l'Italia per il malfunzionamento dell'unico rimedio, la legge Pinto, finora fornito agli italiani per rivalersi contro lo stato per la durata eccessiva dei processi. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che l'Italia risarcisce troppo poco e in ritardo. Attualmente pendono in attesa di esecuzione 132 casi solo per il non rispetto della legge Pinto.
Le cifre, del resto parlano chiaro. I processi per ingiusta detenzione o per errore giudiziario sono oltre 2000 l'anno, per i quali nel corso del 2011 lo Stato italiano ha riconosciuto risarcimenti stimati in 46 milioni di euro. La media è di quattro anni di attesa per le cause civili, sette anni per quelle penali; sei milioni circa di processi civili costano all'Italia 96 miliardi di euro in termini di mancata ricchezza.
Il Centro Studi di Confindustria stima che smaltire questa enorme mole di pratiche frutterebbe alla nostra economia il 4,9 per cento del Pil, ma basterebbe abbattere anche del 10 per cento i tempi di risoluzione delle cause per guadagnare lo 0,8 per cento del Pil l'anno. Secondo il rapporto Doing business 2012 della Banca mondiale, i difetti della nostra giustizia civile ci fanno perdere l'1 per cento di Pil l'anno.
La giustizia lumaca costa circa 371 euro ad azienda e i ritardi costano alle imprese circa 2,3 miliardi di euro l'anno. Il costo medio sopportato dalle imprese italiane rappresenta circa il 30 per cento del valore della controversia stessa, a fronte del 19 per cento nella media OCSE.
Per fare qualche esempio concreto: recuperare un credito in Italia richiede circa 1.210; in Spagna 515 giorni; in Cina 406; 399 giorni in Inghilterra; 394 in giorni Germania; 331 in Francia; 300 giorni in Usa. Il nostro paese spende per la giustizia circa 70 euro per abitante a fronte dei 56 della Francia, dove la durata media di un processo civile è della metà. Spesa pubblica complessiva per i tribunali e per le procure supera i 7,5 miliardi di euro l'anno ed è la seconda più alta in Europa, dopo quella della Germania.
Infine, il capitolo prescrizioni. Sono circa 500 al giorno, 165.000 prescrizioni annue. Costano allo stato 84 milioni di euro l'anno. Nel solo tribunale di Bologna, nel corso di un'ispezione ordinaria disposta dal Ministero della Giustizia si scoprono 3.300 fascicoli di indagine chiusa a chiave in un armadietto e dimenticati. I reati contestati in quei procedimenti, tra cui furti e ricettazione, reati ambientali sono tutti caduti in prescrizione. Solo a Bologna? E quanti altri armadi?
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