Non si può che ribadire: il diritto alla protesta è legittimo e va difeso. Purché non si comprometta l’equilibrio e l’ordine di una intera collettività. Allora è tempo di rintracciare e punire i colpevoli.
La Procura passa dalle indagini contro ignoti agli avvisi di garanzia. E ne piovono almeno un centinaio. Il tutto mentre i genitori non mandano i figli in una scuola sommersa dall’immondizia; in un paio di quartieri i residenti esasperati bloccano il traffico con gli stessi cassonetti che straripano; l’Autorità di garanzia sugli scioperi avvia un’istruttoria sul comportamento dei netturbini; la Coldiretti lancia l’allarme campagne; Assoturismo denuncia un crollo degli arrivi; l’Ordine dei medici mette nero su bianco l’elenco delle malattie che rischiamo di contrarre; la Regione allerta le aziende sanitarie locali.
E l’Amia prova a usare le ruspe nel titanico tentativo di recuperare tonnellate di arretrato. Eccolo qui il risultato di una scellerata settimana di proteste da parte degli addetti alla raccolta. Che temevano l’arrivo di stipendi dimezzati. E che hanno avuto stipendi interi. Il prezzo l’ha pagato la città. Adesso però si prepara la resa dei conti. Inevitabile e opportuna l’iniziativa della magistratura, che ha acceso i fari su quanto accaduto la settimana scorsa a Palermo: si parla di interruzione di pubblico servizio, si identificano i protagonisti dei picchettaggi che hanno impedito agli autocompattatori di uscire dai depositi Amia e si cominciano ad accertare ruoli e responsabilità.
Ci aspettiamo il giusto rigore. Non possiamo che ribadire
che il diritto alla protesta è legittimo e va difeso. Purchè non limiti la libertà del prossimo. O, peggio ancora, non comprometta l’equilibrio e l’ordine di una intera collettività. Palermo è sommersa dalla spazzatura. E mentre, in piena campagna elettorale, i candidati a sindaco fanno a gara con i loro proclami al grido di «con me mai più rifiuti per strada» (ma in che modo non è dato saperlo), è tempo di rintracciare e punire i colpevoli. Chiunque essi siano.
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