I fatti di questi giorni hanno confermato che l'Europa Unita, nata con nobili presupposti sotto l'aspetto politico, da tempo è diventata l'Europa dei banchieri, aperta alle incursioni delle multinazionali. I singoli Stati, peraltro, non sono riusciti a creare quelle indispensabili condizioni politico-sociali a difesa delle produzioni locali e dei livelli occupazionali. Oggi non è facile uscire da questo stato di cose perché, a differenza delle crisi del passato, l'economia non si basa più su dati reali ma su operazioni virtuali che tendono solo a produrre reddito, a scapito delle effettive produzioni legate ai territori ed anche perché vi è in atto una guerra permanente e vince solo chi si accaparra sempre più quote di mercato.
In questo scenario l'Italia con un elevatissimo debito pubblico ha avuto una crescita inferiore rispetto agli altri Paesi europei. L'Italia non cresce perché la concorrenza estera degli Stati che hanno recentemente conosciuto un forte sviluppo è spietata, perché non riesce a superare il suo ritardo tecnologico e perché l'euro, moneta fortissima fino a poco tempo fa non ha agevolato le esportazioni. Di tutto questo si è avvantaggiata la Germania che in questo momento con una politica antieuropeista e non solidale si preoccupa solo della sua economia .
Questo modo di fare politica dei tedeschi non paga, l'esempio è quello che è accaduto nel nostro Paese dove se il nord e il sud fossero stati accomunati in un unico progetto di sviluppo volto a colmare il divario economico tra il ricco nord e il povero sud, saremmo stati tutti più forti per affrontare la crisi mondiale in atto .
Così la Germania potrà a breve termine avere benefici con questa politica di chiusura e di sfruttamento a danno dei paesi europei ma è sicuro a lungo termine che sarà travolta dalla crisi dell' euro in assenza di politiche solidali.
La politica che doveva indicare le strategie d'intervento per salvaguardare la produzione e tutelare l'occupazione e che doveva imporsi anche sul sistema bancario, chiedendo che il rapporto con le micro, piccole e medie imprese tornasse sulla valutazione del reale inserimento sul territorio, delle prospettive dell'azienda e delle possibilità di sviluppo, ha fallito anche perché non ha saputo creare le condizioni di un ritorno alla valorizzazione dell'economia reale rispetto a quella virtuale.
Se si vuole invertire questa rotta e non continuare a subire l'imposizione delle lobby nelle scelte economiche-finanziarie, la politica deve riappropriarsi del suo ruolo di programmazione non trascurando il ruolo sociale e soprattutto deve cercare di "volare alto" e non pensare di salvaguardare alcune categorie perché serbatoi di voti alle prossime elezioni ma pensare in grande e cercare di lavorare per salvare il Paese Italia. Il fallimento dei partiti tradizionali sta proprio in questo, hanno fatto una politica corporativa in quanto figli delle lobby e non hanno saputo difendere il territorio e come conseguenza è nata l'esigenza di far nascere nuovi partiti, come Grande Sud che senza padrini e scheletri nell'armadio potessero dare voce a quella massa di cittadini disillusi.
Per chi come me si occupa di politica da sempre è triste accettare che dei tecnici stanno cercando di salvare l'Italia ma quello che mi rende ancora più triste e vedere come la classe politica che ha portato in questi anni l'Italia allo sfacelo invece di far capire ai cittadini che l'Italia deve cambiare, che è finito il tempo delle caste, corporazioni, clientele, privilegi si trincera a difendere vecchie abitudini e vecchio modo di pensare.
Tutti gli italiani si sono dichiarati pronti a fare sacrifici ma quando il governo tecnico ha cominciato a parlare di liberalizzazioni e di privatizzazioni è successo il fini mondo. Io mi chiedo, se l' Italia fallisce, a chi faranno i rogiti i notai, chi avrà i soldi per comprare le farmacie? Potrei continuare all'infinito, ho citato queste categorie perché sulla bocca di tutti in questi giorni. Ed ai miei colleghi politici dico, smettiamola di difendere gli emolumenti, i privilegi, noi dobbiamo dare per primi l'esempio e se anche molte polemiche e notizie sui costi della politica sono esagerate dobbiamo fare "mea culpa" perché se avessimo lavorato meglio l'Italia non si troverebbe in questa situazione.
Con grande senso di responsabilità dobbiamo accettare la sfida migliorando la competitività, incentivando l'aumento del reddito, ma soprattutto tagliando gli sprechi e le inefficienze del sistema burocratico e dirigenziale pubblico, dobbiamo cercare di rinnovare l'Italia farlo diventare un paese snello che cresce per cercare di non farci più umiliare da una nazione come la Germania che non può fare almeno di mostrare il vero volto che purtroppo tutti nel passato abbiamo conosciuto bene.
*DEPUTATO REGIONALE DI GRANDE SUD