Nessuno meglio di Giorgio Napolitano poteva sintetizzare il significato dell’incarico affidato a Mario Monti. È un governo che ha il compito di rispondere all’emergenza. Non intende umiliare i partiti (soprattutto quelli che hanno vinto le elezioni), né, tanto meno, sospendere la democrazia. Avrà una durata ben definita nel tempo. Poi restituirà la parola agli elettori. Nel frattempo sarebbe opportuno che i protagonisti della vita politica abbassassero i toni. Berlusconi con il suo messaggio televisivo ha assunto questo impegno. Sarebbe opportuno che facessero altrettanto le formazioni sconfitte alle elezioni del 2008.
Ci sarà tempo per dissotterrare l’ascia di guerra. Adesso serve coesione e responsabilità. I tempi di questa crisi devono essere rapidi e la conclusione molto chiara. L’obiettivo è quello di rassicurare i mercati. Non si tratta di sottostare agli ordini della grande finanza internazionale, come sostiene qualcuno un po' digiuno di economia. Da oggi ad aprile l’Italia deve collocare buoni del tesoro per 200 miliardi. Per riuscirci è assolutamente necessario che i mercati abbiano fiducia nell’Italia. Negli ultimi tempi l’avevano persa come dimostra l’impennata dei rendimenti.
Per raggiungere questi obiettivi è necessario che ogni italiano faccia fino in fondo la sua parte. Tutti saremo chiamati a contribuire: dai pensionati (presenti e futuri), ai lavoratori dipendenti, dai risparmiatori alle imprese. Il significato del tentativo di Monti è proprio questo: di fronte all'emergenza ognuno deve fare il proprio dovere. Ma proprio perché destinato a fronteggiare una contingenza eccezionale il suo mandato dev’essere circoscritto. Non tocca al governo Monti cambiare radicalmente il Paese. Questo è compito della politica, di maggioranze elette dai cittadini. Un esecutivo tecnico deve fare poche e importanti cose. Poi ritirarsi e restituire la parola alla sovranità popolare.
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