Nessun prelievo aggiuntivo ma un ampio ventaglio di liberalizzazioni e privatizzazioni. Niente sul mercato del lavoro: se ne parlerà a maggio. Con questo bagaglio Silvio Berlusconi si presenta questa mattina alla riunione del G20. Non c'è stato il prelievo sui conti correnti (perché troppo odioso) e nemmeno la patrimoniale (indigesta al Cavaliere). Niente da fare sulle pensioni dove la resistenza della Lega non conosce esitazioni. Resta l'impegno ad innalzare fino a 67 anni il tetto di età. Ma il traguardo verrà raggiunto solo fra una quindicina d'anni. Per tutto il pomeriggio si sono incrociate le ipotesi. Alla fine Berlusconi ha deciso di essere fedele a se stesso in quello che, forse, potrebbe essere il suo testamento politico. Il testo è ricalcato sulla famosa lettera della Bce del 5 agosto e sulla base del documento spedito a Bruxelles il 26 ottobre. Il governo annuncia dismissioni del patrimonio da cui ricavare in un triennio 5 miliardi all'anno, privatizzazioni delle società per azioni degli enti locali, riforma fiscale, soppressione delle Province e una commissione per abbattere il debito pubblico, la liberalizzazione dell'orario dei negozi. Non ci sarà decreto legge, come avrebbe voluto il Cavaliere, ma solo un emendamento alla legge di stabilità (la ex Finanziaria) attualmente all'esame del Parlamento. La modifica è stata imposta dal Quirinale con l'obiettivo di garantire la dialettica parlamentare. Questo ovviamente toglie forza alla manovra che potrebbe essere modificata durante il percorso alle Camere. Soprattutto considerando la debolezza della maggioranza. C'è da chiedersi: basterà questo testo a soddisfare i partner del G20? E soprattutto quale sarà la reazione dei mercati? Difficile rispondere ma è probabile che l'asticella delle attese fosse più alta. Certo l'annuncio che il fabbisogno dello Stato è sceso di 12,5 miliardi è una buona notizia. Lascia intendere che il cammino verso il risanamento è avviato. Altrettanto la comunicazione della Banca d'Italia secondo cui il bilancio dello Stato è a posto fino al 2014 «anche con tassi all'8%». Forse le aspettative erano maggiori. Lo tsunami di martedì è stato un segnale forte e chiaro. L'euro si sta dibattendo tra i problemi della Grecia. Ha bisogno che il fronte italiano si mostri saldo e credibile. Altrimenti i problemi potrebbero diventare complessi. Da Berlino e da Parigi è arrivata una richiesta di serietà e rigore. Le cancellerie d'Europa si accontenteranno della «road map» proposta da Berlusconi? Sono ancora infuriate per la partita furba e ricattatoria giocata da Atene. L'annuncio a sorpresa del referendum rappresenta solo un'arma di pressione. La richiesta, molto aggressiva, alla Ue e alla Bce per ammorbidire i sacrifici chiesti in cambio degli aiuti da 110 miliardi. La minaccia fatta balenare dal governo greco è spregiudicata: se i creditori (prevalentemente le banche francesi e tedesche) e i partner dell'Unione non abbassano le pretese Atene fallisce con la benedizione del voto popolare. L'economia ellenica salta per aria, ma anche l'area euro finisce nella tempesta. Dunque c'è un solo modo per disinnescare il ricatto del referendum: rendere più morbido e tollerabile il piano di rientro imposto ad Atene. Una complessa partita a scacchi dove, come sempre, furbizie e avarizie prevalgono sulla consapevolezza dell'interesse comune. All'Italia veniva chiesto uno sforzo per restituire credibilità a tutta la costruzione europea. Auguriamoci che il giudizio sia positivo.
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