L’indignazione fa il giro del mondo e in sé è cosa comprensibile, dal momento che la crisi è mondiale. È partita sei mesi fa dalla Spagna e ha raggiunto da un paio di settimane la sua "capitale" e il suo "indirizzo": New York. Una protesta dovuta a una crisi finanziaria non può che cominciare o finire a Wall Street. Per esempio, non alla Casa Bianca, il cui inquilino è visto correttamente, anche dai suoi critici, come una delle vittime. Nel momento in cui a Manhattan si alzava il sipario sulla rappresentazione principale di questo psicodramma, voci in consonanza si sono levate in decine di altri Paesi e forse centinaia di altre città, con vari gradi di tensione ma complessivamente con calma, prudenza e spesso dignità.
Una delle poche eccezioni, addirittura la peggiore e la più grave fino a questo momento, è andata in scena a Roma e, purtroppo, troverà un suo "posticino" sugli schermi di diversi continenti. Ed è stato tutt'altro che un bello spettacolo, in alcuni aspetti addirittura ineguagliato per la sua violenza non soltanto verbale e anche per il suo disperato "arcaismo". Li hanno visti tutti: c'erano sì i "non violenti", ma il tono lo hanno dato gli altri, gli aggressori, gli incendiari, i mascherati, le controfigure dei black bloc in azione a Genova più di dieci anni fa e, più ancora forse, dei violenti protagonisti degli anni Settanta, degenerazione essi stessi delle "esplosioni" di rabbia del maggio parigino. Viene da chiedersi se proprio in Italia (e in pochi altri Paesi) sia endemico un virus che spinge alla violenza e fa degenerare l'indignazione degli Indignados in indignata reazione della società contro di loro.
È triste doverlo constatare ancora una volta. Triste ed allarmante. Perché le vampe e i fumi di quegli incendi segnalano un rigurgito di barbarie interiore e di incapacità di capire e ragionare pur nell'esercizio in sé legittimo della protesta e della contestazione. Quello delle piazze di Roma è stato uno spettacolo profondamente scoraggiante, anche perché confrontabile minuto per minuto con gli accadimenti di altre piazze in giro per il Pianeta. Wall Street è stato l'epicentro della protesta. Alle espressioni di ira contro il sistema bancario (attraverso cui la crisi è transitata ma che contemporaneamente ne è stato anche vittima) non potevano non aggiungersi slogan contro la "ineguaglianza" , che pare accentuarsi in tutti i momenti di rapida trasformazione per poi aggiustarsi quando le acque sono più calme. "Siamo il 99 per cento" ha, in più, un significato americano e riguarda una particolarità del sistema fiscale Usa che non si applica praticamente in nessun altro Paese del mondo e che è criticato (e oggetto di tentativi di modifica) da parte della stessa Casa Bianca.
Fra gli "indignati" d'America c'è anche Obama, che un po' per convinzione e un po' per necessità elettorali, si prepara ad echeggiare la eventuale parte propositiva che può nascondersi negli slogan come argomenti per la sua difficile campagna per conservare la Casa Bianca nel voto del novembre 2012 facendo qualche concessione, forse, al linguaggio un po' estremo, in risposta alla veemenza della campagna di una parte del Partito Repubblicano. Forse Obama spera - o si illude - di poter cavalcare un movimento simile ed opposto al Tea Party scaturito, all'estremo opposto del ventaglio politico Usa in reazione ad altri aspetti della situazione scaturita dalla crisi finanziaria del 2008. Il 2012 sarà anno pieno di importanti elezioni nei Paesi importanti. Oltre che in Usa, in Francia, Germania, forse Gran Bretagna, certamente Russia; con un sostanzioso anticipo in Spagna, restando aperto il calendario italiano. In Europa, inoltre, è più che attuale un malumore nei confronti delle banche, anche se esse sono soprattutto lo strumento e non l'origine delle pressioni su alcuni Paesi. Ciononostante il dibattito su questi temi di fondo è più avanzato, concreto e sostanzialmente pacato proprio negli Stati Uniti e, ad esempio, in Germania. L'Italia non può aspirare a eguale primato. Potrebbe però evitare di ritrovarsi addosso la "maglia nera" della violenza, della rozzezza e della più violenta cecità. [email protected]
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