Saranno solo 312 o 314 i voti che il governo riceverà stamattina per la fiducia alla Camera? Nessuno lo sa. Il risultato atteso è tuttavia lontano dai 320-322 vagheggiati fino a ieri da Denis Verdini, il coordinatore del Pdl addetto a riportare nell’ovile le pecore vaganti. Segno che permane nella maggioranza un malessere diffuso con sintomi diversi che nessun medico è in grado, non dico di curare, ma nemmeno di individuare con esattezza.
Una tac dice che la Lega sta esplodendo, ma poi si scopre che mercoledì sera a cena Bossi e Calderoli sono stati affettuosi con Berlusconi come nei tempi migliori. Una risonanza magnetica rivela che Scajola voterà la fiducia, ma ha notificato al Cavaliere che deve passare la mano. Al tempo stesso pochi sono convinti che la sua strategia di un governo che coinvolga subito l'Udc possa avere successo. Ci sono poi i malpancisti di poco nome e di etica modesta, postulanti al servizio del padrone di turno, pronti a salire su qualunque carro a patto che sia vincente. Ferrei nella fedeltà se c'è un notaio a garantirli sulla ricandidatura in un collegio sicuro: merce rarissima in questo tempo pernicioso.
Nei venti minuti d'intervento, Berlusconi sapeva di non fare un discorso destinato ai libri di storia. Doveva mandare pochi segnali chiari e li ha mandati. Io non me ne vado, ha detto, mi ha votato la maggioranza degli italiani e solo la maggioranza del Parlamento può cacciarmi. Ma badate: dopo di me, c'è solo il diluvio delle elezioni anticipate (prospettiva capace da sola di mandare di traverso la giornata a un migliaio di parlamentari che perderebbero secca la pensione). Non vi illudete, ha aggiunto il Cavaliere, che un governo tecnico possa fare quel che non ho fatto io. Non vi illudete, infine, che questa sinistra in disaccordo su tutto (tranne che sul cacciarmi) abbia la possibilità di muovere un passo, di rispettare uno solo dei cinque punti in cui si articola la lettera-diffida della Banca Centrale Europea. Parlare di crisi di governo con i mercati che annunciano turbolenze ancora per parecchi mesi è roba da pazzi. In ogni caso, fate voi, ma non vi illudete sul fatto di mandarmi via gratis.
Questo, tradotto e volgarizzato, è il senso dei venti minuti di discorso del Cavaliere davanti all'aula che quasi mai come ieri era sembrata «sorda e grigia». Ha reso omaggio al presidente della Repubblica (passaggio applaudito) che è ormai la pedina decisiva di ogni mossa. Ha fatto un doveroso accenno all'ormai mitico Piano di Sviluppo di cui continua a trattare con un Giulio Tremonti che incontra a quattr'occhi, ma che ieri ha lasciato il banco del governo senza salutarlo. Una situazione insostenibile, dalle prospettive insostenibili anch'esse.
È infatti escluso che Bossi e/o Maroni stacchino la spina in breve tempo per votare, vedersi le truppe decimate e restringersi nelle città murate della Padania. Scajola punta a un governo di transizione guidato da Gianni Letta o istituzionale con il presidente del Senato a palazzo Chigi. Ma né Letta né Schifani farebbero mai una mossa senza esserne pregati da Berlusconi e Letta - per il poco che lo conosciamo - rifiuterebbe anche se lo fosse. In ogni caso per fare che cosa? Basterebbe questo a riportare di colpo Casini nel centrodestra? Con quale prospettiva? Avrebbe questo governo la forza di far piangere agli italiani le lacrime e il sangue che Berlusconi ha invano invocato?
Il nostro rispetto per il lettore ci impone di fermarci qui, per non imbrogliarlo con analisi fondate sul nulla. Il panorama è fatto di aspirazioni inconciliabili. Ieri sera Di Pietro ha annunciato che si candiderà alle primarie di coalizione della sinistra. Vendola lo aveva già fatto. Bersani ha la certezza di essere il candidato del suo partito solo se si vota ad aprile, altrimenti Veltroni è pronto a intrappolarlo. Per evitare il referendum elettorale serve una nuova legge che la maggioranza dovrebbe approvare di corsa, accordandosi con l'Udc. Improbabile che ce la faccia. E allora? L'unico paradossalmente tranquillo è il Cavaliere. Ha passato la serata al telefono per convincere i riottosi a votare. Ma intanto ha detto: io son qui, cacciatemi se ne siete capaci.
Governo, la crisi non è possibile
"Con i mercati che annunciano turbolenze ancora per parecchi mesi è roba da pazzi. In ogni caso, fate voi, ma non vi illudete sul fatto di mandarmi via gratis". Questo, tradotto e volgarizzato, è il senso dei venti minuti di discorso del Cavaliere davanti all'aula che quasi mai come ieri era sembrata sorda e grigia
Caricamento commenti
Commenta la notizia