Il fiume Oreto è un volto abbandonato a se stesso. Il fiume siciliano che si estende nei territori dei comuni di Altofonte, Monreale e Palermo vanta una pagina nel libro della storia. Il Console romano Cecilio Metello sconfisse i Cartaginesi nell'estate del 251 a.c. I romani, presero il possesso della Sicilia, impiantarono lungo le sponde del fiume numerose aziende agricole, frantoi e vari mulini. Erano costruzioni caratteristiche: un canale in muratura sostenuto dai piloni ed archi che prelevava l'acqua a monte e la portava sino al mulino, si veniva cosi a creare la scaffa cioè un salto per fornire l'energia all'acqua per colpire le pale del mulino e per permettere alla ruota di girare attorno al proprio asse e trasmettere quindi, attraverso congegni il movimento alle macine di pietra arenaria. Il paesaggio vegetale del bacino dell'Oreto era caratterizzato dalle coltivazioni di agrumi e in particolare di limoni e mandarini. Gli Arabi, esperti nella gestione delle acque valorizzarono il fiume ed il territorio costruendo saye, gebbie e peschiere e coltivando le campagne. Nel 1072 Ruggero D'Altavilla entrava nel porto della Cala costringendo gli arabi a capitolare. Passando per il corso dei Mille si potrà osservare l'antico ponte di pietra dell'Ammiraglio Giorgio D'Antiochia, testimonianza del periodo normanno. Il fiume Oreto per lunghi secoli è passato per sotto i suoi archi prima di essere deviato. Il fiume è una discarica a cielo aperto. Bisognerebbe bonificarlo, ristrutturarlo e restituirlo alla cittadinanza. Recuperare il corso d'acqua dolce porterebbe vantaggi al nostro territorio. Si potrebbe sviluppare il turismo fluviale, un turismo verde all'aria aperta, dove si potrebbero svolgere varie attività: camminare a piedi, escursioni, pesca, pic nic, ecc. Il turismo fluviale sarebbe allo stesso tempo anche un turismo culturale e educativo; infatti, lungo il suo percorso troveremo monumenti che richiamano la storia.
Anna Marchese, Palermo
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