Dalla Spagna alla Grecia, dal Cile a Israele, dal Canada agli Stati Uniti, e ora anche da Roma a Bologna: il movimento degli " indignati", vagamente ispirato da un opuscolo del novantatreenne francese Stéphane Hassel che ha venduto svariati milioni di copie, si sta diffondendo in tutto il mondo come il fuoco nella prateria. In Italia è arrivato in ritardo rispetto agli altri Paesi, ma dopo una sporadica apparizione in settembre, sembra ora deciso a recuperare il tempo perduto. Del resto, era inevitabile: c'è troppa gente, dal Popolo viola agli "arrabbiati" di Grillo e soprattutto ai centri sociali, che ha interesse ad accodarsi a una iniziativa che - sotto la spinta della crisi - permette di ammantare il ribellismo di ideali sociali e perfino di mietere consensi in ambienti istintivamente contrari alle piazzate. Soprattutto a livello internazionale, la mancanza di leader e di programmi favorisce, in questa fase, la partecipazione di persone di tutti i ceti e di tutte le età: signori e signore radical-chic, giovani disoccupati, studenti senza prospettive, precari frustrati, cassintegrati senza speranza e pensionati ridotti alla fame. Finora gli " indignati " non hanno prodotto idee costruttive, ma indicato solo quali sono i nemici da combattere: le banche, gli speculatori, la classe politica, quelli insomma che secondo loro hanno provocato la crisi e ne scaricano il prezzo sugli altri. Ma, a parte la loro evidente connotazione di sinistra, è difficile catalogarli: siamo di fronte a un movimento sul modello di quello di Bertrand Russell contro la bomba atomica, a potenziali rivoluzionari che si propongono di sovvertire il sistema anche con la violenza, o semplicemente - come ha scritto un opinionista della destra americana - a "professionisti della protesta, nostalgici di Woodstock e vagabondi vari cui nei weekend si unisce qualche esponente della borghesia ultraliberal"? La risposta, ovviamente, varia a seconda dei Paesi e delle simpatie politiche. Tuttavia, tra i dimostranti, pur mossi da situazioni ed esigenze diverse, c'è un minimo comun denominatore: la rivolta di chi ha perso di più, o crede di avere più da perdere in questa crisi, contro le classi privilegiate che difendono le loro posizioni e spesso detengono una parte sproposita delle ricchezze nazionali; la rivolta di chi ritiene il sistema neo-liberista superato e inadeguato a fronteggiare la crisi e vede soprattutto nelle banche il mostro da abbattere; la rivolta di chi non si rassegna a un futuro che a tanti appare senza speranza. Il quadro diventerà forse più chiaro il prossimo 15 ottobre, quando una selezione di " indignati " convergerà su Bruxelles da quasi tutti i Paesi della UE per portarvi le istanze del movimento e contestare la Commissione, e contemporaneamente quelli italiani stanno organizzando una "marcia su Roma" che, a giudicare da quanto è avvenuto ieri, potrebbe essere tutt'altro che pacifica. Fino a questo momento, con gli spagnoli che si sono quietati e le manifestazioni greche che ppaiono un po' scontate, l'attenzione era concentrata soprattutto sugli Stati Uniti, dove mercoledì scorso il movimento "Occupate Wall Street ha mobilitato in una decina di città masse che non si vedevano dai tempi della protesta contro la guerra del Vietnam. Gli " indignati " americani chiedono la abolizione della Federal Riserve e della Goldman Sachs, eppure hanno la comprensione di Bernanke e anche del finanziere Soros. Ce l'hanno anche con l'amministrazione Obama, che sicuramente molti di loro hanno votato tre anni fa. Il loro grido di battaglia è "Siamo il 99%", di certo alquanto esagerato, ma Facebook e Twitter fanno miracoli anche in America e la partecipazione alle ultime marce di vari sindacati induce a pensare che la mobilitazione di questa settimana sia solo la prima di una lunga serie, specie se la disoccupazione resterà al disopra del 9%. Molti vedono negli " indignati " americani la risposta di sinistra ai "Tea Party" ultraliberisti che influenzano il partito repubblicano e prevedono che cercheranno di influenzare il partito democratico, accentuandone le tendenze "socialiste". Una cosa sola è sicura: più la crisi si accentuerà, più le potenzialità di questo movimento diventeranno grandi. Purtroppo, anche a casa nostra.
Caricamento commenti
Commenta la notizia