I profeti del declinismo ieri hanno avuto una bella delusione. L'Istat ha comunicato un recupero record della produzione industriale. Piazza Affari ha conosciuto una giornata di grande euforia con il mercato in crescita del 3,6%. E allora? Dov'è la fine del mondo data per certa non più tardi di quindici giorni fa? In realtà non c'è nessuna fine del mondo in arrivo e nemmeno dell'euro. Ormai gli interessi cresciuti attorno alla moneta comune sono talmente forti che non è davvero pensabile immaginarne la scomparsa. C'è la Grecia ed è facile immaginare che da questo fronte arriveranno altri scossoni. Ma l'euro non morirà ad Atene. Ma nemmeno a Madrid. Tanto meno a Roma. Quando Tremonti sostiene che i conti pubblici italiani sono a posto anche a crescita zero dice la pura verità. A dispetto di Mooy's, S&P e Fitch, la trimurti del rating. Al ministero ha fatto restaurare la scrivania di Quintino Sella. Ha l'ambizione di imitarlo come risanatore dei conti pubblici. Il ministro piemontese toccò il vertice dell'impopolarità con la tassa del macinato. Tremonti con l'Iva e l'inasprimento dei controlli fiscali. Tuttavia ha bloccato lo tsunami sul nascere. Gli squilibri del Paese restano: la persistenza di una questione meridionale, la disoccupazione giovanile, la lentezza spaventosa della pubblica amministrazione. Ma non è un Paese che affonda nel Mediterraneo. Ha bisogno di una frustata in direzione dello sviluppo. Ed è su questo che il governo si gioca le carte della sua sopravvivenza.
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