di BRUNO VESPA
La politica è fatta di ideali e di interessi. Sul piano degli interessi, certamente al governo e all’intera classe politica conviene tassare i cinquecentomila cretini che pagano le tasse piuttosto che i milioni di furbi che le evadono. Ma poiché Berlusconi è entrato in politica in nome di ideali e ha usato una parola impegnativa come liberalismo, se vorrà ancora uscire di casa dopo l'approvazione della manovra in Parlamento dovrà farsi bene due conti. Intanto si chiarisca con Tremonti. Non è elegante che il presidente del Consiglio dica di aver votato una manovra di due anni e di aver scoperto l'indomani che gli anni di applicazione sono tre. Se servono 45,5 miliardi, probabilmente ha ragione Tremonti, ma sulle spalle di Berlusconi - che come capo del governo e leader della maggioranza della manovra porta intera la responsabilità - grava il peso di spalmarla in modo ben più equilibrato dell'attuale. La «tassa di solidarietà» dovrebbe rendere 3,6 miliardi in tre anni. Il modo più indolore per sostituirla sarebbe mettere una tassazione aggiuntiva di almeno il 3 o 4 per cento sui cento miliardi legalizzati con lo scudo fiscale del 2009-2010.
Il patto con i contribuenti infedeli e soprattutto le difficoltà tecniche dell'anonimato rendono tuttavia, secondo gli esperti, questa strada difficilmente praticabile. E allora potrebbe essere proposto un nuovo scudo sui capitali che restano illegalmente all'estero. E non abbiamo capito quale supposizione sia la più corretta: quella che parla di 35 miliardi scampati al primo scudo o di 150 che sarebbero ancora teoricamente disponibili. Poiché tuttavia occorre evitare che tagli troppo drastici ai comuni portino a nuove tasse locali, c'è bisogno di molti soldi. Con il buonsenso possono trovarsi.
Se fossimo uno Stato normale, aboliremmo le pensioni d'anzianità all'italiana lasciando soltanto quelle di livello europeo (40 anni di contributi indipendentemente dall'età). Ma poiché non lo siamo e la Lega e i sindacati vogliono consentire ai lavoratori del Nord di uscire al più presto dalla prestazione subordinata per aprirsi una nuova attività (come si vede, non tutte le stranezze italiane ricadono sul Mezzogiorno), si può sperare almeno di anticipare al 2012 la quota 97 (età anagrafica più contributi) risparmiando mezzo miliardo strutturale. Siamo personalmente contrari all'aumento di un punto percentuale dell'Iva (6 miliardi) perché ci illudiamo ancora che questa iniziativa, inserita nella delega fiscale, possa portare contestualmente alla riduzione delle aliquote: a Berlusconi converrebbe fare questo passo prima delle elezioni. Ma la cifra maggiore può essere trovata con quella che chiameremmo la «tassa sulla decenza». L'articolo 53 della Costituzione sostiene che tutti dobbiamo partecipare alla spesa pubblica a seconda delle nostre possibilità. Bene, come si misurano le possibilità? Solo con il reddito? No, perché siamo il secondo paese al mondo per evasione fiscale.
La nostra ricchezza è complessiva: reddito, pensioni, prima e seconda casa, automobili, barche e quant'altr. Berlusconi guardi le denunce dei redditi della sua città, Milano: vedrà che su un milione di contribuenti, soltanto 34mila denunciano più di quattromila euro al mese netti. Non prova un po' disagio? In Italia esistono tre milioni e mezzo di case di vacanza. Basterebbe una media di mille euro a casa per incassare 3,5 miliardi e azzerare la «tassa di solidarietà». Chi oserebbe protestare? E se per le seconde case delle località più rinomate (Capri, Cortina, Portofino, Santa Margherita Ligure, Costa Smeralda, ville e casali della Toscana, trulli della Puglia e così via) facessimo una media una tantum di cinquemila euro, a seconda della rendita catastale? Chi potrebbe protestare?
Vogliamo bussare a tante migliaia di abitazioni prestigiose e chiedere la denuncia dei redditi dei proprietari? E qualcosina - solo qualcosina - a chi possiede barche sopra i 4 metri e auto sopra una certa cilindrata vogliamo chiederla? Senza toni inquisitori, un semplice richiamo alla responsabilità collettiva. Si tratta pur sempre di quattro soldi visto il reddito reale (ho detto reale) di chi le possiede. Il governo potrebbe farsi perdonare abolendo tutte le province e tagliando sul nascere lo scandalo della corsa all'esenzione. E dimezzando il numero dei parlamentari fin dalla prossima legislatura. Se poi si riuscisse in maniera bipartisan a fare subito il Senato delle autonomie (bastano 100/150 senatori) per evitare la duplicazione bicamerale sarebbe il massimo. Caro presidente del Consiglio, se non fa la rivoluzione adesso, non avrà tantissime cose per essere ricordato. Grondare sangue da una sola parte non è corretto. Perfino Lui aveva ferite dappertutto...