La questione Grilli/Saccomanni presenta due aspetti. Il primo riguarda i rapporti interni e internazionali del governo nella politica economica. Dal 1° novembre Mario Draghi, governatore in carica, prenderà il posto di Trichet alla guida della Banca Centrale Europea. È un fatto assolutamente straordinario che con l'Italia pesantemente sotto esame, un suo rappresentante vada a dirigere la cassa continentale.
Draghi, che ha saputo conquistarsi anche il sostegno della Merkel, non farà sconti all'Italia. È possibile che il suo filo diretto con Saccomanni costringa il governo attuale e quelli immediatamente successivi a una politica molto rigorosa. Ma è di questo che abbiamo bisogno. È comprensibile che Tremonti aspiri ad avere un suo uomo alla Banca d'Italia. Ma le controindicazioni qui sono due: verrebbe incrinata la tradizionale indipendenza dell'istituto di missione dal potere esecutivo e Grilli si troverebbe fatalmente in una posizione scomoda nei confronti di Draghi.
Il secondo aspetto della questione Grilli/Saccomanni è strettamente politico. Il responsabile della politica del governo è il presidente del Consiglio. Se le cose vanno bene, il merito è suo. Se le cose vanno male, sua è la responsabilità. Negli ultimi anni la delega al ministero dell'Economia è stata eccessiva. Giulio Tremonti è un uomo di primissimo ordine e merita la gratitudine del Paese per aver saputo tenere i conti in perfetto ordine. Ma un po' per scelta, un po' per carattere, negli ultimi due anni ha commissariato il governo. Questo stato di cose, sempre piuttosto imbarazzante, diventa inaccettabile per Berlusconi nel momento in cui il presidente del Consiglio ha deciso di giocarsi l'ultima carta della sua ormai lunga attività politica. Perciò torniamo alla considerazione dello stato maggiore del Pdl: il presidente del Consiglio non può perdere la faccia. Meglio, a questo punto, sarebbe che Tremonti ne prendesse il posto a Palazzo Chigi.
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