Chi si mette alla guida ubriaco e impasticcato sta impugnando un’arma a quattro ruote e se ammazza qualcuno non può dire: è stata una tragica fatalità, un caso maligno. Questo concetto appartiene al senso comune, eppure stenta a farsi strada nel diritto. Così nel momento in cui il ministro per gli Interni Roberto Maroni dichiara l’intenzione del governo di andare verso l’introduzione del reato di «omicidio stradale», si scopre che la gente pensa che «era ora».
È bene dirlo subito: non sarà facile. Lo stesso ministro è rimasto un po’ sul vago quando non ha chiarito se si tratterà dell’introduzione di un nuovo reato nel Codice oppure di una serie di circostanze aggravanti a reati già esistenti come quelli che configurano l’omicidio colposo o il «dolo eventuale». Ossi duri per giudici e avvocati, come sa bene chi si occupa di infortunistica.
Ma la cosa veramente importante, e meritoria per Maroni, è quella che lo Stato prende finalmente atto del fatto che per le strade del Belpaese c’è una guerra sanguinosa dove si spara nel mucchio sicuri di colpire, nella stragrande maggioranza dei casi, giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni. Una guerra spesso combattuta di notte, quando, con la luce, manca pure l’attenzione, la prudenza e aumentano le occasioni, tra droga, alcol e stanchezza, per trasformare una serata di divertimento in una tragedia. Bene dunque pensare all’«omicidio stradale». Sarà compito dei giuristi «blindarlo» dal punto di vista concettuale per aumentarne l’efficacia. C’è semmai da chiedersi: perché non averci pensato prima? L’emergenza non è certo intermittente: questo giornale, proprio il giorno di Ferragosto ha dedicato la sua apertura, cioè il titolo più importante della prima pagina, alle strade insanguinate, alla moria dei giovani specialmente in Sicilia.
E anche lunedì scorso l'Isola ha pagato il consueto obolo di morte: due vittime, giovani, a San Vito Lo Capo e a Terrasini.
Ma, con ogni probabilità, l'introduzione del reato di «omicidio stradale» non sarà sufficiente a tirare giù la maledetta curva delle stragi perché non basta un articolo del codice a determinare la scelta tra la vita e la morte. A combattere questa guerra vanno ogni sabato sera, i nostri figli: non c'è ricco o povero, maschio o femmina, bello o brutto, bravo a scuola o asino. L'angoscia dei genitori, gli occhi inchiodati sull'orologio, il cuore capovolto al suono del telefono. Chi ha figli sa. Allora è un paese intero che deve muoversi e deve farlo pensando a tutti i tasselli che, poi, danno vita a questo incredibile mosaico di morte. E ciascuno faccia la sua parte. E il suo dovere.
Qualche suggerimento: cominciamo dalla patente. Siamo davvero sicuri che il sistema garantisca che chi viene abilitato alla guida lo sia veramente? Tutti sanno che, spesso, il vero scoglio è l'esame di teoria. Ma alla «pratica» si passa facile: un giretto, un posteggio, una trappolona su una corsia preferenziale e via. Ebbene, non è così. Le «scuole guida», con tutto il rispetto, a volte sembrano solo «patentifici». Ben altre scuole sarebbe necessario istituire, affidandole a insegnanti autorevoli, professionisti della guida sicura.
C'è poi il problema della prevenzione. Perché non introdurre nelle scuole l'ora di educazione stradale, oppure lo svolgimento di corsi specifici? Ci sono nel Paese associazioni specializzate sull'argomento e potrebbero dare un valido contributo. E si dovrebbe partire da zero: l'uso della cintura in auto o del casco in moto, l'uso (letale) dei telefonini mentre si guida e via così.
Ma nel concetto di prevenzione rientra pure quello di cura dei luoghi, siano essi i centri urbani che le vie, grandi e piccole, di collegamento. Questo giornale ha insistito sul problema delle strisce pedonali sbiadite e su quello delle buche così pericolose di fronte, oltretutto, all'aumento esponenziale della circolazione a due ruote. Un problema serio ma insoluto, almeno per le grandi linee. Certe volte basta un segnale coperto dalle fronde di un albero che non è stato potato per provocare un incidente.
La repressione. Deve essere severa pure quando non ci scappa il morto. Impedire la guida a chi dimostra di essere pericoloso deve essere un provvedimento serio. Ubriaco al volante? Sei mesi senza patente. Ti beccano di nuovo? Patente ritirata. Per sempre. Disarmare i killer è un concetto sul quale si deve discutere poco. Pochissimo. Quasi niente.