L’accordo parlamentare sul tetto al debito degli Stati Uniti è più vicino. Una soluzione in extremis visto che la scadenza finale è fissata al 2 agosto, ovvero domani. Si è lavorato, mentre in Italia era notte, sugli ultimi dettagli ed è impensabile che la conclusione non sia scontata. A meno di non pensare al suicidio collettivo di una intera nazione. In assenza dell'intesa fra democratici e repubblicani l'amministrazione dovrebbe bloccare i pagamenti aprendo la strada al fallimento. Esattamemente come l'Argentina dieci anni fa o la Grecia di oggi. Solo che le dimensioni non sono paragonabili.
In realtà gli Stati Uniti si sono trovati a essere un po' italiani. Hanno un debito pubblico pari 112% del Pil che sale ben oltre il nostro 120% se consideriamo anche l'esposizione di Fannie Mae e Freddy Mac. Si tratta delle due finanziarie pubbliche che operano nel campo dei mutui e godono di garanzia pubblica. Per riportare i conti sotto controllo Obama ha dovuto fare come Tremonti. Ha varato una manovra da 2.800 miliardi dollari da recuperare tra tagli di spesa (soprattutto sulla sanità) e aumento delle entrate.
Le difficoltà che hanno accompagnato l'approvazione dimostrano, in maniera inequivocabile, il tramonto dell'impostazione keynesiana secondo cui l'aumento della spesa pubblica è il motore dello sviluppo. Su questo principio i governi hanno impostato le politiche economiche degli ultimi sessant'anni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Queste scelte hanno portato a crescenti squilibri che hanno spostato la sovranità. A esercitarla non sono più i parlamenti e i governi. Bensì entità indefinite e irresponsabili come il mercato e le agenzie di rating.
La crisi del 2008 ha capovolto i parametri. La necessità di finanziare deficit crescenti ha imposto scelte dettate dai creditori che acquistano i titoli di Stato. Da qui il capovolgimento dell'impostazione di politica economica: oggi la strada dello sviluppo passa attraverso la riduzione delle spese. È la riscoperta delle antiche virtù del risparmio troppo velocemente dimenticate. Vale per gli Stati Uniti, per l'Italia e per il mondo intero.
L'unico Paese al mondo che può permettersi di far salire il proprio debito pubblico senza soffrire (almeno per il momento) è la Germania. Berlino oggi ha un indebitamento che si avvicina ai duemila miliardi di euro ed è il terzo al mondo dopo Stati Uniti e Giappone ma prima dell'Italia. Eppure nessuno mette in discussione la solvibilità della Germania. La ragione? Molto semplice. L'economia tedesca è quella che sale di più al mondo dopo Cina e India grazie alla forza delle sue esportazioni. Insomma la Germania è una grande impresa che si è ristrutturata grazie alle grandi riforme di Schroeder e della Merkel. Ha molti debiti ma ha usato oculatamente le risorse non sprecando ma investendo; quindi dispone di entrate crescenti che permettono il rimborso senza imporre tanti sacrifici. Né l'Italia, e adesso si scopre nemmeno gli Stati Uniti, hanno mostrato capacità analoghe.
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