Il referendum sull'acqua è stato inutile e persino dannoso. Non lo diciamo noi e neppure un esponente del centrodestra e tanto meno un dirigente di una società privata con forti interessi nel settore idrico. Lo fa capire, anzi lo dice espressamente, Erasmo D'Angelis, presidente di Publiacqua, il gestore del servizio idrico della Toscana centrale, ambientalista, uomo di sinistra (ha lavorato come giornalista a il Manifesto) che ora ha scritto un libro, insieme al giovane manager Alberto Irace: Il valore dell'acqua (Dalai editore).In questo voluminoso saggio (500 pagine) gli autori spiegano le «tragedie idriche italiane»: perché il bene comune più prezioso si perde nei 320 mila chilometri di tubi in gran parte colabrodo, perché si prelevano 165 litri d'acqua per erogarne 100 (al sud 200 per distribuirne 100) e perché per 10 milioni di italiani il rubinetto è solo un arredo. Non solo, ma 15 italiani su 100 non hanno scarichi collegati a una fogna, 30 su 100 a un depuratore.
L'acqua, si dice sempre, è un bene universale, ma dalla legge Galli, 17 anni fa, viene sempre rimosso da ogni manovra finanziaria. Ciò significa che si fanno pochi investimenti per ammodernare la rete. La conseguenza è che l'Italia sta per ricevere dalla Ue multe milionarie per 829 comuni inquinatori e fuorilegge. Ora, con la ripubblicizzazione e comunque col divieto dei privati a investire in questo campo la situazione si è complicata. Ma da Vendola a Matteo Renzi (che ha scritto anche la prefazione a questo libro) la tendenza a tenersi il «deprecato» 7% di redditività fa capire che quel referendum sull'acqua è stato una vera e propria truffa ai danni dei cittadini, turlupinati da una disinformazione demagogica da parte di politici poco interessati al valore dell'acqua e da ambientalisti ideologici, che si prefiggevano solo di ottenere una vittoria contro il governo Berlusconi. Anche se oggi siamo il terzo consumatore di acque minerali (dopo il Messico e gli Emirati Arabi) e regaliamo l'83% delle nostre risorse potabili a industrie e agricoltura. Dalle bollette (tre-quattro volte più basse di quelle degli altri Paesi europei) non si possono infatti ricavare risorse sufficienti per gli investimenti. Eppure abbiamo bisogno di 64 miliardi di euro «se vogliamo evitare la Caporetto di un servizio essenziale». Chi pagherà? Dobbiamo deciderci ad aumentare le bollette, oppure ricorrere allo Stato, che però si dovrà necessariamente rivalere con un aumento della fiscalità? E allora siamo proprio sicuri che i cittadini abbiano vinto questo referendum?
Ci siamo già occupati con altri libri degli sprechi agricoli e del cibo nei Paesi occidentali (un problema che stride con la crisi alimentare in diverse aree del mondo, attualmente soprattutto nei paesi del Corno d'Africa). Ora un nuovo libro di un ambientalista inglese, Tristan Stuart, ripropone il problema. Infatti, nel saggio Sprechi - Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare (Bruno Mondadori), l'autore ripercorre la geografia degli sprechi in tutto il mondo: dall'Italia alla Cina, dal Pakistan all'Inghilterra, con interviste ad allevatori di bestiame, coltivatori, commercianti, esperti e semplici cittadini-consumatori.
Ne emerge non solo uno scenario di un mondo sprecone e consumista che si contrappone a un mondo di poveri affamati (oltre un miliardo), ma affiorano anche proposte concrete per ridurre gli sprechi e contenere gli eccessi dei consumi.
Infine, segnaliamo il libro di una nota conduttrice tv, che da anni si occupa di ambiente, Sveva Sagramola (Secondo Natura, Mondadori). È un libro «semplice», divulgativo, ma fa capire più di tanti saggi di ambientalisti rigorosi e talvolta fanatici. «Vivere bio - osserva Sveva - non solo fa bene al mondo che ci ospita, ma ci rende anche più felici». Questo significa cercare cibo più sano, cosmetici naturali, detersivi privi di sostanze tossiche... Vi sembra facile? Comunque è bene provarci, anche perché si sperimentano in cucina nuove ricette e, oltre che far bene alla propria salute, spesso si risparmia
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