Bossi dice che la leadership di Berlusconi è finita. Collaborerà solo se il premier sarà disponibile all'ascolto.
«Al di là dei toni alti, tipici della piazza, e al di là di alcuni aspetti di propaganda come la discussione sulla dislocazione dei ministeri, nella sostanza il ragionamento di Bossi è molto più saggio di quanto alcuni osservatori ostili prevedessero. Se dobbiamo distinguere il fumo dall'arrosto, Bossi pone due punti che condividiamo totalmente. In primo luogo basta con gli eccessi di Equitalia, con forme di riscossione fiscale inaccettabili a danno dei contribuenti. In secondo luogo accelerare una riforma fiscale che dia complessivamente più respiro alle famiglie e alle imprese. Se faremo queste cose insieme, io credo, saremo premiati insieme dagli elettori. Altrimenti saremo, giustamente, mandati a casa».
Ministeri a Milano. Bossi ha detto che Berlusconi ha avuto paura, altri dicono che quel decreto era pronto ed è stato poi fermato dal Quirinale. Come stanno le cose?
«La questione non è così appassionante. Tanti leghisti, per un verso, tanti politici romani come Alemanno o la Polverini, per un altro, sono molto combattivi. Ma tanti anni fa la fondazione Agnelli presentò un celebre studio sulla capitale "reticolare”, cioè sul fatto che centri importanti amministrativi potessero essere dislocati in diverse città d'Italia, a nord come a sud. Non mi sembra interessante sapere dove stanno i ministeri. È più interessante sapere quello che i ministeri fanno o non fanno. La nostra risposta è chiara: i ministeri non si spostano. Allo stato attuale si può pensare solo al trasferimento di alcuni uffici di rappresentanza. Mi è sembrato un po' curioso che alcuni esponenti, anche del mio schieramento politico, dinnanzi al ragionamento di Bossi, complessivamente costruttivo e di buon senso, si siano concentrati solo su questo aspetto. Credo buona regola della politica concentrarsi sui punti in comune. Se uno vuole litigare si concentra allora sugli aspetti di dissenso e non mi sembra saggio che anche a destra si faccia così».
Tutti vogliamo meno tasse. È possibile e in che misura ridurle le tasse?
«Un quotidiano di Milano ha pubblicato un mio vecchio studio, che risale a quattro anni fa, sulla tassa piatta, "flat tax". Feci un esercizio, un gioco: dovevo immaginare tre diverse forme di copertura con tagli importanti a settori disimproduttivi. Perché oggi dobbiamo tenerci le province, le comunità montane e tanti sprechi nella pubblica amministrazione? Ci sono servizi essenziali che non vanno toccati e non vanno sforbiciati. Ci sono invece tanti settori dove la spesa pubblica è una selva in cui si può andare con le cesoie, col machete. In una spesa pubblica che è enorme, più di 800 miliardi di euro l'anno, non mi si dica che non si possono fare tagli significativi. Berlusconi e Tremonti hanno avuto un merito che sarà loro riconosciuto nei prossimi anni: avere aiutato il Paese a salvare la pelle in quei tre anni in cui poteva andare a fondo. Nei tre anni della crisi mondiale eravamo, infatti, uno dei paesi indiziati: debito alto, spesa alta... Potevamo fare la fine della Grecia, invece ci siamo salvati. Adesso bisogna aprire una fase diversa. Sarebbe paradossale se nei prossimi anni ci trovassimo con i conti pubblici perfetti e gli italiani “morti”. Già domani (oggi per chi legge, ndr) va in aula il “decreto sviluppo” in cui affrontiamo in modo importante gli eccessi di Equitalia. Daremo più tempo e più rate a coloro cui sono stati contestati. Elimineremo le ganasce fiscali e tutte quelle misure eccessive. Entro quindici giorni presenteremo una delega di riforma fiscale in cui spero trovi posto anche un abbassamento delle aliquote.
La Lega dice la Libia costa troppo, i soldi potrebbero essere destinati alla riduzione delle tasse. Sono prossime modifiche di tiro ?
«Commetterebbe un errore la politica italiana e, complessivamente, quella europea se considerasse la questione libica solo in termini di immigrati. Siamo in una fase storica paragonabile alla caduta del muro di Berlino, questa volta nel sud del mondo. In medio oriente ci sono regimi che cadono e milioni di persone che chiedono libertà. C'è però qualcosa che mi trova d'accordo con alcune perplessità espresse dalla Lega. Perché la Nato si oppone ad un blocco navale in uscita? Quanto sarebbe rassicurante per Lampedusa e per tutti noi se la Nato intraprendesse questo blocco? Questo sarà quello che chiederemo e solleciteremo. Non possiamo, inoltre, andare avanti con una situazione bellica a bassa intensità che si trascina da mesi. O si arriva al rovesciamento definitivo del regime di Gheddafi o si arriva ad una composizione che permetta a Gheddafi di uscire con dignità e ad un nuovo governo di assestarsi in Libia. Questa sarà la spinta che il governo italiano cercherà di dare».
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