Il calcio italiano è bello perché è vario. Sono tanti quelli che ne tracciano ipotetiche linee etiche ed estetiche, predicando e pretendendo il «bel gioco» come il «saper perdere», eppoi pur di vincere s'accontentano di vedere applicati i principi del pallone italico, come il prevalere della forza difensiva e l'uso dell'arma chez nous più usata ed amata, il contropiede. Così ha vinto Moratti, prima con Mancini poi con Mourinho, ai quali aveva finto di chiedere calcio champagne e spettacolo, pretendendo in realtà le vittorie che gli mancavano da decenni; lo Specialone lo ha fatto felice inventandosi un catenaccio offensivo col quale ha vinto tutto salvando la faccia. Così ha vinto questo diciottesimo scudetto Silvio Berlusconi, ingaggiando un tecnico che risultava ottimo allievo di Galeone, tecnica e fantasia applicate con quel tanto di felice concretezza per far risultati senza anticipare il vuoto qualunquismo zemaniano: e quando è stato il momento, scottato da una sconfitta a Cesena, ecco Allegri prendere il Milan e trasformarlo da vittima di Ronaldinho (il più amato da Berlusconi) nel cacciatore di punti comunque raccolti: con tre mediani, con un Thiago Silva folgorante, con un apparato difensivo encomiabile (il migliore, alla fine) attrezzato per far da contraltare (pratico, non ideologico) all'altrettanto encomiabile attacco (il migliore, alla fine).
Sapevo delle qualità «nostrane» di Allegri, un giovane tecnico di lungo corso, ma temevo che avrebbe avuto difficoltà nel rapporto con il presidente-allenatore: e invece ha avuto la fortuna di capitare nella stagione in cui Berlusconi voleva - per tanti motivi - vincere, vincere, vincere. E ha vinto con Thiago e Ibra, con Nesta e Seedorf, con Boateng e Pato, con Van Bommel e Robinho, con Gattuso e Cassano, Abate e Pirlo, ovvero con un gruppo ben assortito di anziani esperti e giovani di classe, di professori, maestri e allievi tutti di ottima qualità e tutti capaci di interpretare al meglio l'antica arte del contropiede. Dicono che Allegri sia stato coraggioso ad andare controcorrente rispetto alle richieste (pretese) del patron, sono invece convinto che il Cavaliere - pur felicemente invidioso di chi possiede Messi e Cristiano Ronaldo - gli abbia proprio commissionato la vittoria tricolore, da raggiungere comunque. In altri tempi, lo scudetto di Zaccheroni - ideologicamente posizionato altrove - lo aveva accolto senza particolare entusiasmo. Ecco dunque perché bisogna pensare che lo scudetto appena colto sia solo l'inizio di un'abbuffata rossonera affidata al bravo Allegri al quale saranno consegnati nuovi e importanti giocatori per vincere in Europa, nel mondo, nell'universo.
Teniamolo d'occhio, dunque, questo livornese modesto (ossimoro) con una passione naturale per il gioco del pallone che lo fa eccellere fra i colleghi senza che si finga - come altri - inventore del calcio: nel 2008 e 2009 i tecnici italiani gli hanno assegnato la Panchina d'Oro per il lavoro svolto prima a Sassuolo e poi a Cagliari, avendo come agguerrito concorrente addirittura Mourinho, premiato l'anno dopo; a questo punto, penso che gli toccherà ricevere il trofeo anche per il 2011. Bontà sua, ha sconfitto anche il bravissimo e richiestissimo Mazzarri, il livornese «arioso» di San Vincenzo più di lui legato a un modulo ma personalmente irrequieto. Allegri da oggi ha un marchio speciale da opporgli: la fantasia vincente.
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