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L'Udinese consegna lo scudetto al Milan "operaio"

Con tutta lo stupore possibile, visto che il sogno tricolore s'è spento nel gol crudele di Inler, tanto distruttivo da imbarazzare anche l'autore, mi pare sia giusto dire che se il Napoli doveva cedere a qualcuno la fetta di gloria conquistata in mesi di belle imprese, questo non poteva che essere l'avversario dotato di maggior qualità: l'Udinese. I 65 mila del San Paolo, ammutoliti, hanno faticosamente nascosto la disperazione, ma non hanno saputo nascondere l'ammirazione per il successo bianconero, ribadito dal bellissimo gol di Denis, il Tanque che ho difeso a lungo restando infine come lui, incompreso. Se Mazzarri ha fatto un gran lavoro per portare la sua squadra a competere col Milan e a cercare un posto in Champions, Guidolin ha fatto il capolavoro di realizzare un complesso giocante anche senza uomini insostituibili, come se lo spartito della sua musica fosse più importante degli esecutori: ho creduto in questa squadra dal pomeriggio in cui insegnò calcio all'Inter tricampione; sono rimasto ammiratore della sua leggerezza, di un gioco capace di trasmettere entusiasmo senza minacciare compromessi con il rendimento: e invece ieri sera s'è visto che un paio di sconfitte in meno ci avrebbero consegnato l'unica vera squadra scudetto del 2011.



Mi han dato del bestemmiatore, quando ho detto che l'Udinese gioca meglio del Barcellona perchè s'affida all'invenzione e ai moduli classici. E mi hanno compatito quando - sabato - ho affermato che, priva dei suoi bomber da 38 gol, la Friulana sarebbe stata anche più pericolosa per un Napoli buttato all'avventura. Naufragata l'Inter nel mare della frustrazione post Champions, mettendo in discussione anche il suo celebrato nocchiero; scoppiata la Roma come una rana gonfiata al primo approccio con i padroni americani; inosservata la Juventus appena tradita da Krasic e Matri: l'aristocrazia del campionato è sparita, alla ricerca del gioco perduto e di possibili taumaturghi futuribili. Resta sul campo, facile supercandidato allo scudetto, il Milan che ha fatto della modestia la sua massima virtù: riguardatelo con la Sampdoria, non aveva davanti nessuno eppure ha atteso che Seedorf aprisse la prima ferita prima di metter sotto gli sventurati di Sampierdarena; e una volta di più s'è mosso e ha colpito in contropiede, risultando imbattibile anche se privo dall'inizio di Ibrahimovic, anche se abbandonato cammin facendo da Pato, anche se affidato alla miracolosa istantanea intesa fra Robinho e Cassano. Ha ragione Berlusconi a esser soddisfatto di questa squadra, anche se Allegri non gli proporrà mai invenzioni da affidare alla storia come un giorno pretese Sacchi.


Ma se avevate voglia di calcio, di gioco vero, fatto da uomini istruiti alla creazione continua e spinti alla ricerca di situazioni emozionanti, allora non vi restava che affidarvi a Napoli-Udinese, squadre talmente dedite all'attività collettiva da saper offrire spettacolo. È tardi per gridare all'Udinese di farsi sotto, di avanzare pretese più ambiziose della sua natura quasi riservata: certo sarà una forte concorrente per la Champions, ma una volta di più sento il dovere/piacere di rendere omaggio a chi dovuto rinunciare alle magiche e frenetiche geometrie del piè veloce Sanchez come agli allegrissimi gol di Totò Di Natale, cresciuto alla scuola della propria generosa fantasia. Al Napoli un consiglio: non s'abbandoni alle mosse del destino avverso.
Italo Cucci

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