Le elezioni possono giocare un ruolo importante sulla questione immigrati. Lo si è visto per la Francia, dove Sarkozy fa Napoleone, non solo nei confronti della Libia, quando ha ordinato ai suoi aerei di bombardare senza limiti, ed ora sulla linea intransigente nei confronti degli immigrati tunisini.
Il ministro dell'Interno francese, Claude Guèant (ex segretario dell'Eliseo, fedelissimo del premier) ha risposto picche al ministro Maroni, facendo capire che, tranne poche eccezioni, non intende contravvenire alla linea del "no", a costo anche di sospendere il trattato di Schengen e di mettere in discussione lo stesso accordo bilaterale Italia-Francia firmato nel 1997 a Chambery. Non a caso i titoli dei giornali vicini al centro destra sono tutti critici nei confronti dell'Italia (Le Figaro: "L'Italia apre le porte dell'Europa ai tunisini", "Roma offre la Francia agli immigrati tunisini", ecc.). Un problema spinoso che certo non potrà risolvere le tensioni fra il nostro paese e il "cugino" al di là delle Alpi. E, in questa situazione, non siamo neppure ottimisti sul vertice del 26 aprile tra Berlusconi e Sarkozy. In Italia ad essere sulla graticola è soprattutto il ministro Maroni, che certo non ha risparmiato energie, per affrontare la "patata bollente".
È giusto riconoscerlo, visto che l'opposizione lo attacca quotidianamente, anche con argomenti inconsistenti e con insulti gravissimi (come lo squallido episodio parlamentare "punito" con soli due giorni di sospensione a un deputato dipietrista).
Anche Maroni dovrà rispondere del suo operato al suo stesso partito e all'elettorato leghista (è anche capolista nella sua Varese), che non sembra molto tenero, anche a giudicare dei sondaggi più recenti,nei confronti della nuova ondata di clandestini. Eppure Maroni è stato il primo (col ministro Frattini) ad andare a Tunisi per tentare di fermare le partenze. Poi, come sappiamo, vi è ritornato con Berlusconi, firmando un accordo, anche se oneroso per noi (300 milioni di euro). Ma ora tutti si chiedono se servirà o se non si tradurrà in un altro spreco di denaro pubblico (390 sbarchi dall'inizio dell'anno ci hanno portato in casa quasi 26 mila immigrati). Un accordo forse "scritto sulla sabbia" per l'estrema instabilità politica della Tunisia. C'è solo da sperare che una buona parte dei "senza documenti", ma con permesso di soggiorno di sei mesi, riescano a passare le frontiere per andare in Francia, Germania, Belgio. Ma, a giudicare dal rigido atteggiamento di Parigi e ora anche della Germania, ne dubitiamo. È più probabile che dopo aver speso ingenti risorse finanziarie ci ritroveremo ancora da soli, vista la continua assenza di Bruxelles, a dover affrontare, in termini economici e sociali, la questione rovente. Certo, ora la situazione sembra migliorata: vi è stato anche il plauso di Napolitano per il consenso di regioni e comuni, ma la grande maggioranza dei "clandestini con permesso di soggiorno" continua ad essere concentrata nelle regioni del sud, fatto che determina tensioni sempre più forti.
D'altra parte, l'opposizione continua a utilizzare i consueti riti demagogici, senza mai proporre nulla che possa svelenire il clima. Qualcosa di diverso dai discorsi dell'on. Turco, che continua a ripetere, come un disco rotto, quello che lei ha fatto al tempo dei profughi del Kosovo e dell'Albania, senza tener conto della diversa situazione geopolitica e senza mai ricordare che, in quelle occasioni, l'opposizione di centrodestra collaborava col governo di centro-sinistra. Ora mi chiedo: che cosa avverrà se non riusciremo a rimandare in Tunisia gli attuali immigrati e se non potremo fermare nuovi sbarchi, anche di barconi provenienti dalla Libia, con la previsione di almeno 100 mila nuovi arrivi entro l'anno? Questo ancora non ha il coraggio di dircelo nessuno, perché anche noi siamo in campagna elettorale.
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