Se non è una chiusura definitiva, di certo non è un'apertura. Anzi, sembrerebbe proprio il contrario. Il primo "contatto", indiritto, tra Luigi Di Maio e Matteo Renzi, è per mezzo televisivo, ed è l'ex premier a prendersi la scena. E lo fa a modo suo.
«Incontrarsi con Di Maio si può, votare la fiducia a un governo Di Maio no. Chi ha perso non può governare», è la sentenza che Renzi, ospite di «Che tempo che fa» recapita al leader pentastellato. «Renzi nel Pd decide ancora tutto con il suo ego smisurato. Noi ce l’abbiamo messa tutta per fare un governo nell’interesse dei cittadini. Il Pd ha detto no e la pagheranno», scrive su Facebook Di Maio chiudendo, definitivamente, l’ipotesi di un’alleanza con il Pd.
Eppure, la giornata inizia con Di Maio che dà il là alle danze con un intervento sul Corsera in cui individua le possibili convergenze con il Pd ribadendo, con un occhio al suo elettorato, la «coerenza» del M5S. Il 7 marzo scorso Di Maio scelse La Repubblica per lanciare il suo appello. Erano i giorni in cui i vertici del Movimento guardavano soprattutto al Pd per una convergenza. Poi si aprirono l’asse con il centrodestra sulla presidenza delle Camere e il forno della Lega. Oggi, dal Corsera, è al Pd che Di Maio si rivolge individuando, dal lavoro alla lotta alla povertà, dai migranti alla giustizia, i possibili punti in comune. E nel venire incontro al Pd Di Maio lancia alcune novità nelle priorità del M5S, come la reintroduzione dell’art.18 come misura ponte «in attesa della piena realizzazione del reddito di cittadinanza» o la definizione di un’Unione fiscale europea.
Di Maio cerca anche di spiegare alla sua base, un pò disorientata dall’apertura del M5S al Pd, i motivi della sua scelta. «Avevo parlato di un contratto vincolante sul programma. Avevo ribadito più volte che non avevamo un interlocutore preferito, ma che avremmo parlato con tutti», spiega il capo politico del M5S che, dai commenti che si leggono sul blog delle Stelle, non sembra tuttavia convincere del tutto il suo elettorato, più morbido invece nei confronti della Lega.
L’intervento di Di Maio è una certificazione di un’apertura al Pd ma anche il ribadire alcune priorità-bandiera del M5S, come il reddito di cittadinanza. Ed è anche sui temi che Renzi sceglie di chiudere, attaccando il reddito di cittadinanza o la volontà del M5S di smantellare il Jobs Act. «Ci sono molte più similitudine tra il Movimento e la Lega», spiega, ribadendo che spetterà alla Direzione del 3 maggio decidere ma allo stesso tempo osserva malizioso: «su 52 senatori Dem almeno 48 devono votare a favore a un governo con il M5S e io non ne conosco uno». E l’ex segretario del Pd lancia una stoccata alla soluzione di un governo con Di Maio a Palazzo Chigi: un esecutivo senza Di Maio premier? «Lo hanno escluso loro. Ma questa storia di Di Maio premier a tutti i costi la pensa solo Di Maio», spiega Renzi. Che lancia un messaggio non solo al Movimento ma anche all’ala dialogante del Pd. «Siamo seri, sarebbe una preso in giro per gli italiani andare al governo con il M5S», sottolinea Renzi che lancia, tuttavia, una soluzione alternativa: «M5S e Lega o fanno il governo dei populisti o facciano una proposta di riforma costituzionale e elettorale». E alla domanda se il Pd sia disponibile a un «governo di tutti" per questo, Renzi resta vago. A testimonianza del fatto che, sullo «scrivere le regole assieme» l’apertura, come spiega lo stesso ex premier, «è totale».
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