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Gli affari della mafia nissena col traffico di droga tra Italia e Germania: 11 arresti

La mafia dietro il traffico di droga tra Italia e Germania. Una complessa operazione antimafia è stata portata a termine dalla polizia di stato di Caltanissetta e dal comando provinciale della guardia di finanza di Roma, coordinata dalle Direzioni Distrettuali Antimafia nissena e capitolina, nei confronti di undici persone ritenute appartenenti al clan Rinzivillo per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Tra gli arrestati ci sono: Salvatore Rinzivillo, 50 anni, Marco Lazzari, di 48 anni, Cristiano Petrone, di 45 anni, Ivanpo Martorana, di 37 anni, Riccardo Ferracane, di 52 anni, Giuseppe Cassaro, di 48 anni, Nicola Gueli, di 36 anni, Salvatore Gueli, di 43 anni, Gabriele Spiteri, di 45 anni. Ai domiciliari Giandomenico D'Ambra, di 47 anni. Sono in corso le ricerche di un'altra persona.

L'operazione di oggi costituisce l'epilogo di una indagine, che, alla fine del 2017, aveva già portato all'arresto di 37 persone e al sequestro preventivo di beni per oltre 18 milioni di euro.

L'operazione dei poliziotti della squadra mobile e dei finanzieri del Gico riguarda Lazio, Sicilia, Campania, Umbria, ma anche Colonia e Mannheim, in Germania, dove, con la collaborazione della polizia criminale e dei reparti speciali tedeschi, si stanno catturando di quattro affiliati, appartenenti alla "cellula" tedesca, operativa nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia.

Tutti gli indagati, tranne Lazzari, Petrone e D’Ambra, sono accusati di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti in Germania, a Roma e in Sicilia.

In particolare, gli investigatori hanno ricostruito gli affari illeciti del clan dei Rinzivillo di Gela, che sarebbero stati gestiti mediante una “cellula” operante in territorio tedesco, che il boss Salvatore Rinzivillo avrebbe affidato al suo “luogotenente” Ivano Martorana.

In Germania gli affiliati del clan si sarebbero occupati dell’approvvigionamento della droga, destinata ad essere smerciata nella capitale e sulla piazza sicula,dove il clan poteva contare anche su Ferracane  nel ruolo di  grossista.

In tale contesto, sono emersi contatti con persone di nazionalità turca di notevole caratura criminale, con persone che hanno avuto rapporti con la ‘ndrangheta reggina, tra i quali Antonio Strangio di San Luca (RC), meglio noto come “TT” o “U Meccanicu”, all’epoca latitante all’estero e poi catturato, nel dicembre del 2017, nei pressi di Duisburg.

Lazzari e Petrone, appartenenti alle istituzioni, sono accusati di concorso in fatti corruttivi, talora aggravati dall'agevolazione mafiosa, per aver messo a disposizione di Rinzivillo e Martorana, notizie riservate contenute nella banca dati Sdi e in alcuni documenti cartacei e per aver cercato, sempre per favorire l’organizzazione criminale, di corrompere appartenenti a forze dell’ordine in servizio presso alcuni aeroporti italiani, ai quali promettevano utilità in cambio dell’omissione di controlli per facilitare l’esportazione in Russia di significative somme di denaro, da reinvestire in attività economiche con il supporto di esponenti apicali di mafie autoctone.

All’avvocato romano D’Ambra vengono contestati indebiti accertamenti “commissionati” a Petrone per acquisire, mediante la stessa banca dati, informazioni di natura riservata sul conto di numerose persone, del tutto ignari.

Le investigazioni avevano consentito di accertare l’operatività del clan, diretto dall'esterno da Antonio e Crocifisso Rinzivillo, entrambi già arrestati al regime del “carcere duro”. Il controllo avveniva attraverso il fratello Salvatore, poi finito in manette e tuttora detenuto, il quale, a seguito dell’arresto in Germania, avvenuto nel 2015, era stato richiamato in Sicilia dalla Capitale al fine di riorganizzare le illecite attività della famiglia e riaffermarne il predominio sul territorio, coprendo la vacanza di comando venutasi a creare.

Salvatore, investito del rilevante ruolo di “reggente”, avrebbe quindi intrapreso rapporti con altri esponenti mafiosi palermitani, trapanesi e catanesi, mostrando un notevole dinamismo e avvalendosi di un’organizzazione articolata in un’ala criminale, dedita al traffico internazionale di droga e di armi, alle estorsioni e alle intestazioni fittizie di beni, e in un’ala imprenditoriale, impegnata soprattutto nel settore edilizio e nel commercio di autoveicoli e di prodotti ittici.

 

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