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Referendum propositivo, scontro sul quorum tra Salvini e i Cinquestelle

All’inizio era solo un emendamento della Lega, più o meno annunciato. Poi sono arrivate le parole di Matteo Salvini e così il quorum sul referendum propositivo è diventato necessario per la Lega, quasi imprescindibile. Ma il Movimento 5 Stelle non ci sta, insiste sul "quorum zero" e ricorda che così è scritto nel contratto di governo firmato da entrambi.

E’ il nuovo braccio di ferro nato nella maggioranza, divisa su un provvedimento chiave per il Movimento cresciuto a pane e democrazia diretta, ossia quel referendum propositivo che è al centro di una proposta di legge costituzionale all’esame
della Camera da metà gennaio. E su cui domani alle 10 scade il termine per presentare gli emendamenti. Non a caso, quindi, è il
ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro a esporsi e tenere il punto. E a ricordare a Salvini che sul quorum non decide nessuno di loro due, ma il Parlamento.

Si alza così il sipario del primo tassello della riforma costituzionale targata M5s, che inizialmente comprendeva anche il taglio del numero dei parlamentari. La proposta andrebbe a modificare l’articolo 71 della Costituzione (sulle modalità dell’iniziativa legislativa), aprendo la strada ai cittadini che vogliano proporre una legge, purché sottoscritta da 500 mila firme.

A quel punto le Camere avranno 18 mesi per trasformarla in normativa ma se il testo dovesse finire nel dimenticatoio, potrà essere resuscitato grazie a un referendum, che non avrà alcun quorum. Da qui l’opposizione del Carroccio, e di Salvini in testa. «Coinvolgere i cittadini è fondamentale, la Svizzera è un modello però un minimo di quorum bisogna metterlo - ha scandito il vicepremier - altrimenti qui si alzano in dieci la mattina e decidono che fare». Parole nette che segnano la distanza con i grillini, nonostante il tono apparentemente diplomatico con cui Fraccaro risponde: «Va ricordato che in Svizzera c'è il quorum zero e che anche il contratto di governo prevede espressamente di cancellare il quorum, proprio per incentivare la partecipazione attiva».

Intanto il niet di Salvini dà forza ai deputati leghisti in commissione Affari costituzionali, che avevano già in cantiere un emendamento, e uno solo, al testo: quello che chiede di introdurre un quorum sulla validità del referendum, fissato probabilmente al 33% dei votanti. «La percentuale potrebbe variare, non è sul numero che ci impicchiamo ma sull'esistenza del quorum sì», spiega Igor Iezzi, capogruppo del Carroccio nella prima commissione di Montecitorio.

«Siamo d’accordo con i 5 Stelle che l’astensione non può più essere una scelta politica - continua - però vogliamo che il referendum resti uno strumento del popolo e non in mano a lobby, associazioni di categoria o organizzazioni che potrebbero spingere pochi a un voto che varrebbe per tutti». Argomentazioni condivise con il Pd, pronto a sfidare il testo con 67 emendamenti (nessuno invece annunciato da parte dei 5S). «Non si può eliminare del tutto l’esigenza (del quorum, ndr) affidandosi al solo voto dei partecipanti, lasciando la strada aperta a possibili dittature di minoranze», sottolinea Stefano Ceccanti a nome dei Dem, convinti anche della necessità di indicare espressamente limiti sugli argomenti dell’iniziativa popolare. Quindi no a richieste di referendum sulle leggi di spesa né in materia fiscale o su temi che possano incidere sui principali articoli costituzionali sulle libertà fondamentali.

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