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L'universo violento senza segreti, vista la sua debole luce

  L'universo violento non ha più segreti perché adesso è stata finalmente osservata anche la luce tenue del suo lato più difficile da esplorare perché più debole. Il risultato è italiano, si deve al rivelatore Lat (Large Area Telescope) a bordo del satellite Fermi della Nasa, al quale collaborano Istituto nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
    Pubblicata sul sito ArXiv e in via di pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters (Prl), la scoperta è nata dalla tesi di dottorato di Michela Negro, della sezione di Torino dell'Infn e dipartimento di Fisica dell'Università di Torino.
    L'articolo è firmato anche dalla collaborazione Fermi-Lat e da Simone Ammazzalorso, Marco Regis e Nicolao Fornengo, dell'Infn e dell'Università di Torino.
    Lanciato nel 2008, il telescopio Fermi sta osservando da dieci anni le particelle di luce (fotoni) ad altissima energia, ossia i raggi gamma generati dai fenomeni più violenti dell'universo, come le esplosioni delle supernovae. Mancava però all'appello circa un 20% di questo universo irrequieto, definito dai fisici un'emissione 'non risolta' e ricostruito soltanto adesso con la prima descrizione dei fotoni dall'energia più tenue, provenienti da almeno due tipi di sorgenti. "Poiché le sorgenti all'origine del cielo gamma non risolto sono troppo deboli per essere rivelate individualmente, abbiamo impiegato una sofisticata tecnica statistica di auto-correlazione che ci ha consentito di misurare la distribuzione spaziale globale delle fluttuazioni di intensità", ha osservato Michela Negro.
    Per i ricercatori è stato come guardare in una stanza buia un albero addobbato con le luci natalizie: se guardiamo distrattamente, vedremo una luce diffusa, ma se guardiamo con insistenza e continuità si nota la differenza tra le luci recenti, più intense, e quelle più vecchie e deboli.
    Per Patrizia Caraveo, responsabile per l'Inaf dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi-Lat, "è un inizio promettente per capire di più su queste classi di sorgenti". Il risultato - ha detto Elisabetta Cavazzuti, responsabile di Fermi per l'Asi - è anche una conferma di come Fermi sia "unico" e con "sensibilità senza precedenti". 
   

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