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La manovra va verso i 40 miliardi, arriva il monito dell'Ue: "Deviazione significativa, il Def preoccupa"

La legge di bilancio 2018 si preannuncia una maxi manovra da 35-40 miliardi. Una cifra quasi doppia rispetto a quelle degli ultimi anni, ma che - nelle intenzioni del governo - sarà necessaria per rilanciare la crescita economica e ridurre progressivamente, fino ad annullarlo, il differenziale con l’Europa. Investimenti, sostegno al reddito, politiche a favore delle imprese consentiranno di spingere sull'acceleratore del Pil, ma trovare le risorse per garantire tutto il pacchetto non c'è solo la
crescita del deficit, che mette in allarme l’Europa già pronta a mandare un primo avviso sul mancato rispetto delle regole.

Ma l'Ue ha di fatto già bocciato la manovra: «I target di bilancio rivisti sembrano, ad una prima vista, puntare ad una deviazione significativa dal percorso raccomandato dal Consiglio. Questa è una fonte di seria preoccupazione": lo scrivono i commissari Moscovici e Dombrovskis nella lettera all’Italia, chiedendo alle autorità di «assicurare che la bozza di legge di stabilità sarà in linea con le regole comuni di bilancio».

Per far quadrare i conti bisognerà anche tirare la cinghia su altri fronti, a partire dai tagli di spesa, nei ministeri e non solo,
e da una nuova, inaspettata, stretta fiscale: dalla cancellazione di incentivi all’aumento degli acconti delle imposte sui redditi. Per il governo inizia ora una doppia sfida. Da una parte c'è la messa a punto della manovra, che richiede equilibrio tra le due anime del governo, dall’altra il confronto con l’Europa che certo non nasconde preoccupazione.

Poche ore dopo aver ricevuto il testo delle previsioni ha deciso di inviare una lettera al governo per richiamare il rispetto delle regole. «Sono ottimista», dice il ministro dell’Economia, Giovanni Tria che si dice convinto che si aprirà un «confronto costruttivo». Anche perchè «i deficit fanno parte degli strumenti di politica economica consentiti dalla prassi».

Ma appunto non ci sarà solo il deficit. Almeno questo racconta la Nota di aggiornamento al Def. La lista delle coperture previste per reddito di cittadinanza, revisione della Fornero, flat tax sugli autonomi e Ires agevolata sugli utili reinvestiti è scritta nero su bianco. «Si opereranno tagli alle spese dei ministeri e altre revisioni di spesa per circa lo 0,2% del Pil», si legge. In pratica una nuova ondata di spending da 3,6 miliardi di euro. Saranno cancellate l’Iri, in vigore dal primo gennaio, il cui costo si aggira sui 2 miliardi di euro, e l'Ace, l’Aiuto alla crescita economica di montiana memoria, oggi sfruttato da banche e imprese per circa un miliardo. In più, come già sperimentato nel 2013, potrebbero tornare ad aumentare gli acconti delle imposte sui redditi, arrivando a superare il 100%, e potrebbe essere rivista anche qualche spesa fiscale.

"Ulteriori aumenti di gettito proverranno da modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto d’imposta», specifica il Documento trasmesso ieri in Parlamento. Il percorso di riduzione delle aliquote Irpef, da 5 a 2 a fine
legislatura, inserito in una prima bozza della Nota, è peraltro scomparso nella versione definitiva, lasciando spazio ad una
molto più vaga flat tax sulle famiglie.

Quanto basta per scatenare la reazione delle opposizioni. "Più tasse per tutti. La pressione fiscale secondo il Def presentato da Lega e Cinque Stelle l’anno prossimo aumenterà.  Capolavoro», commenta il segretario del Pd Maurizio Martina, definendo la manovra semplicemente ingiusta. Anche per Silvio Berlusconi i tagli di tasse non si vedono affatto, così come non si vedono, nonostante l’insistenza di Luigi Di Maio sugli effetti occupazionali del reddito di cittadinanza, misure per dare lavoro ai giovani. L’allarme però è anche quello dei sindacati e riguarda il pubblico impiego. Nel Documento non viene fatto alcun accenno al
rinnovo del contratto dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici in scadenza a fine anno. L’intenzione sarebbe, secondo quanto si apprende, quella di garantire solo l’indennità di vacanza contrattuale, sancita per legge, paventando il rischio di un nuovo blocco della contrattazione.

La vacanza varrebbe circa 500 milioni, mentre il rinnovo dei contratti per lo scorso triennio è costato complessivamente, tra statali, scuola, sanità, enti locali e gli altri comparti, 5 miliardi di euro. Il giudizio più atteso, oltre a quello dei mercati che oggi
si sono mossi poco sullo spread, rimasto poco sopra a 280 punti base, è però quello dell’Europa. Le voci che si susseguono in
queste ore lasciano presagire una bocciatura quasi immediata, preannunciata dalle parole del presidente della Commissione
europea Jean-Claude Juncker: «spero che Matteo Salvini non finisca mai nella situazione di dover raccogliere un mucchio di
macerie», ha detto, scatenando immediatamente l’ennesima reazione del vicepremier italiano. «Le uniche macerie che dovrò
raccogliere - ha ribattuto - sono quelle del bel sogno europeo distrutto da gente come Juncker».

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