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Harley-Davidson Iron 1200, lo 'sporty' da West Coast

Basta una leggera pressione sul pulsante dell'avviamento per risvegliare le 'good vibrations' del bicilindrico a stelle e strisce e venire proiettati negli anni '70, magari di fronte all'Oceano Pacifico, a Big Sur. La nuova Sportster 1200 Iron punta tutto sullo stile retrò e sull'inscindibile legame del marchio con la cultura hippie, il rock e la voglia di libertà ed evasione. E per tuffarsi sulle strade della California non c'è nemmeno bisogno di girare la chiave, visto che tutti i nuovi modelli Harley-Davidson sono 'keyless', basta avere il telecomando in tasca per avviare la moto.
La Iron 1200 è costruita intorno all'idea vincente che c'è dietro i modelli Sportster, i più longevi di casa Harley-Davidson, visto che sono in listino fin dal 1957. Più piccole e agili rispetto alle 'sorelle maggiori', le 'sporty' sono state da sempre spogliate, smontate, ricostruite e in qualche modo reinventate da chi le utilizzava: chopper, tracker, bobber e chi più ne ha, più ne metta. A Milwaukee hanno fatto lo stesso, guardando al passato e a quanto realizzato da generazioni di riders.

Il cuore pulsante della Iron 1200 è il V-Twin Evolution, la punta di diamante della 'serie piccola' dei propulsori Harley-Davidson. Nella versione a cilindrata piena sviluppa il 36% di coppia in più rispetto al fratello minore 883. E' un motore fluido, che predilige i medi regimi. La risposta all'acceleratore è immediata e l'erogazione morbida e lineare porta a cambiare marcia molto presto, guidando sulla coppia, senza cercare il picco di potenza massima.

 

Il serbatoio, insieme al manubrio rialzato, un ape hanger in versione mini che ricorda quello di Peter Fonda in Easy Rider, è la vera cifra stilistica di questo modello. La capienza è di 12,5 litri, ovvero qualcosa in più rispetto al classico 'peanut' dei vecchi Sportster, ma soprattutto è decorato con il motivo grafico proprio dell'era Amf. In quel periodo, era il 1969, la crisi finanziaria portò i Davidson, eredi del marchio, a cedere l'azienda al colosso della metallurgia American Machine and Foundry. Amf, appunto. I colori e la grafica del serbatoio sono ben noti in Italia, perchè comparsi sui modelli prima Aermacchi e poi Cagiva, proprietari tra la fine degli anni '60 e i primi '80 del marchio e dello stabilimento di Schiranna, in provincia di Varese.
Del tutto classico anche l'impianto della ciclistica, che lavora su un cerchio anteriore da 19 pollici e un posteriore da 16. La sella, una Cafè Solo Fast Back, è rigorosamente monoposto, in pelle trapuntata, sagomata per impedire al guidatore di scivolare all'indietro. Per viaggiare in due si deve attingere dal nutrito catalogo di accessori e scegliere un sellino aggiuntivo o una sella a due posti. La guida è facile e intuitiva, grazie al baricentro basso che non fa sentire i 248 chili di peso a secco, alle linee snelle e alle pedane montate in posizione centrale. La stretta sezione della gomma anteriore garantisce la manovrabilità nel traffico cittadino ma non penalizza la guidabilità nei percorsi extra-urbani.

Insomma, una moto che fa del piacere di guida e dell'estetica, tanto classica quanto accattivante, i suoi punti di forza. E se le celebri 'good vibrations' del motore ormai sono sempre meno, attenuate da tecnologia e progresso, le sensazioni sono sempre le stesse dal 1957: la Sportster resta una moto di carattere, che chiede solo di essere guidata.

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