Il giudice monocratico di Monza Bianchetti ha condannato Vittorio Sgarbi a sei mesi di reclusione per avere diffamato, sul Il Giornale, il magistrato palermitano Nino Di Matteo.
A tre mesi, per omesso controllo, è stato condannato il direttore del quotidiano Alessandro Sallusti. Sia Sgarbi sia Sallusti hanno avuto le attenuanti generiche. L'articolo ritenuto diffamatorio è stato pubblicato nella rubrica Sgarbi Quotidiani il 2 gennaio del 2014.
Entrambi dovranno risarcire i danni al pm, ora in servizio alla Dna, da liquidarsi in sede civile. Il giudice ha comunque concesso a Di Matteo, difeso dall'avvocato Roberta Pezzano, una provvisionale immediatamente esecutiva di 40 mila euro.
Se venissero confermate in secondo grado e in Cassazione le condanne, il giornalista e il critico d'arte dovrebbero scontare la pena in carcere, qualora non chiedessero una misura alternativa come l'affidamento in prova.
Il giudice di Monza, infatti, non ha applicato la sospensione condizionale. Nel 2012 Sallusti venne condannato per diffamazione a 14 mesi di reclusione dalla Cassazione e, dopo aver scelto di non chiedere l'affidamento, finì ai domiciliari; l'allora presidente della Repubblica Napolitano gli concesse poi la grazia.
Nell'articolo incriminato, intitolato "Quando la mafia si combatte soltanto a parole", Sgarbi scriveva: "Riina non è, se non nelle intenzioni, nemico di Di Matteo. Nei fatti è suo complice. Ne garantisce il peso e la considerazione". E ancora: " c'è qualcosa di inquietante nella vocazione al martirio (del magistrato ndr)" e "gli unici complici che ha Riina sono i magistrati".
Sgarbi commentava con queste parole le notizie sulle minacce che il boss Totò Riina aveva lanciato dal carcere di Opera parlando con un codetenuto. In ore e ore di intercettazioni ambientali il capomafia corleonese aveva usato espressioni pesantissime contro Di Matteo manifestando anche la volontà di ucciderlo.
"Dopo la pubblicazione successiva al deposito processuale delle intercettazioni di numerose conversazioni nelle quali Riina ripetutamente si riferisce alla mia persona anche manifestando la sua volontà di uccidermi - aveva detto Di Matteo dopo la pubblicazione del pezzo annunciando querela - paradossalmente è iniziata quella che ritengo una vera e propria campagna di stampa che, partendo dal chiaro travisamento dei fatti, tende ad accreditare versioni che mi indicano quale autore di condotte e comportamenti che non ho mai tenuto".
"Non posso accettare - aveva aggiunto il pm - che si continui a speculare impunemente perfino su vicende che tanto incidono anche sulla mia vita personale e familiare". "Ho avuto decine di querele in gran parte da magistrati. E' evidente che il loro piano e' prendere soldi da me e soprattutto intimidirmi, minacciarmi, ridurmi al silenzio. Questo e' inaccettabile, perciò querelerò io Di Matteo per minacce e abuso d'ufficio", aveva replicato Sgarbi".
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