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'Trappole' catturano le cellule maligne nel sangue

Trappole molecolari intercettano e tracciano le cellule tumorali in circolazione nel sangue prima ancora che diano origine a delle metastasi. E' il risultato raggiunto da un gruppo di ricercatori coordinati dall'Università del Wisconsin-Madison. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research.

"Il metodo migliora in realtà una tecnica già esistente, quella della biopsia liquida, che con un semplice prelievo di sangue riesce a riconoscere la presenza di un tumore, sostituendo l'analisi del tessuto tumorale in quei casi in cui non è possibile disporne", spiega il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'università Tor Vergata.

Individuare le cellule tumorali che circolano nel sangue (CTCs), in mezzo a miliardi di normali globuli rossi e altre cellule è come individuare il proverbiale ago in un pagliaio. Allo stato attuale, con le tecnologie esistenti, i modi per individuare e intrappolare le cellule maligne sono tecnicamente molto impegnativi e limitati all'individuazione di una manciata di queste cellule.

Quello che hanno fatto i ricercatori guidati da Seungpyo Hong è stato di mettere a punto delle trappole molecolari, costituite da proteine che si agganciano alle cellule tumorali che circolano nel sangue costringendole a rallentare. In questo modo possono essere più facilmente individuate e catturate.

"La novità di questa tecnica consiste nel fatto che permette di catturare moltissime cellule tumorali e di monitorarle per monitorare di conseguenza il tumore", osserva Novelli.

Nei test sui 24 pazienti, colpiti da diverse forme di tumore e sottoposti a radioterapia, i ricercatori sono riusciti infatti a catturarne una media di 200 cellule maligne in circolazione per ogni millilitro di sangue. "Sono moltissime", osserva Novelli. E' una dimostrazione di come questa tecnica non sia soltanto uno strumento per la diagnosi precoce ma è utile per controllare l'efficacia di una terapia. Il metodo ha infatti rilevato l'aumento delle cellule tumorali nei pazienti in cui la radioterapia non funzionava. Tuttavia, rileva l'esperto, "va confermato il successo di questa tecnica su un numero maggiore di pazienti e su più forme di tumore, perché ogni paziente ha il suo tumore e ogni tumore la sua storia". Solo in questo modo, ha osservato, sarà possibile dimostrare la validità della tecnica e validarla. "Questo principio - ha detto ancora - è necessario per far sì che il metodo in futuro possa essere utilizzato di routine negli ospedali".

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