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Un esperimento italiano nello spazio con Dragon

Sono partite dall'Italia alla volta del Kennedy Space Center della Nasa a Cape Canaveral (Florida), le cellule ossee che destinate a volare nello spazio per studiare gli effetti dell'assenza di gravità sulle ossa umane e poter aiutare in futuro gli astronauti ad affrontare senza rischi le future missioni di lunga durata. L'esperimento, dell'università di Bari, è condotto dal gruppo dell'istologa Maria Grano e il suo avvio è in programma il 2 aprile con il lancio della capsula Dragon

Le cellule resteranno in orbita per 21 giorni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale e in questo periodo saranno trattate con l'irisina, la molecola molecola prodotta dai muscoli durante l'esercizio fisico e potenzialmente in grado di prevenire e curare malattie come osteoporosi e atrofia muscolare. Del gruppo di ricerca fanno parte Silvia Colucci, Giacomina Brunetti e Graziana Colaianni, dell'Università di Bari, Giorgio Mori dell'Università di Foggia.

Il kit dell'esperimento sull'osteoporosi dell'università di Bari (fonte: Maria Grano, Università di Bari)

È la prima volta che la molecola irisina viene studiata sulle cellule ossee nello spazio dove, come in una macchina del tempo, i processi sono accelerati (21 giorni corrispondono a 1 anno sulla terra). "Se i risultati
ipotizzati dovessero essere confermati - spiega all'ANSA Maria Grano - dopo la valutazione in laboratorio dei campioni biologici rientrati dallo spazio, la molecola potrebbe essere usata come per contrastare l'osteoporosi e
l'atrofia muscolare che gli astronauti sviluppano durante le missioni spaziali (anche in vista di missioni esplorative di lunga durata, oltre a possibili applicazioni sulla Terra per un nuovo farmaco anti-osteoporosiantisarcopenia".

Sulla destra le cellule cresciute sull'impalcatura tridimensionale che simula l'osso; sulla sinistra le cellule utilizzate come controllo (fonte: Maria Grano, Università di Bari)

 

Il ruolo dell'irisina sulla massa ossea e muscolare scoperto dagli studiosi baresi ha già ottenuto un brevetto
nazionale e internazionale. Lo studio, durato circa 6 anni, indica che la somministrazione di irisina è capace di indurre formazione di nuovo osso e rende lo scheletro più resistente alle fratture.

Le ricerche finora condotte hanno evidenziato che a dosaggi più alti di questa molecola corrisponde minore fragilità dell'apparato muscolo-scheletrico. Dopo lo studio sugli animali e nello spazio, il gruppo di ricerca prevede di passare ai test di tossicità in vista della futura sperimentazione sull'uomo.

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