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Un laboratorio in una goccia d'acqua

Una semplice goccia può trasformarsi in un minuscolo laboratorio di analisi per rilevare la presenza di cellule, molecole o sostanze inquinanti. Lo hanno dimostrato i ricercatori italiani dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) di Napoli, attraverso un sistema semplice e poco costoso, che sfrutta la luce del laser e le onde acustiche. Il risultato è descritto sulla rivista Physical Review Letters.

"Si può adoperare una piccola quantità di qualsiasi liquido, dall'acqua e l'olio ai fluidi biologici come il sangue o il plasma: la goccia funziona da campione e al tempo stesso come sensore che si 'autoanalizza', grazie alla luce prodotta da un laser preparato in modo opportuno", precisa Gianluca Gagliardi, responsabile del gruppo di ricerca.

Una volta che il bordo della goccia, che può essere sospesa a un filo o all'ago di una siringa, viene illuminato, questa funziona come una trappola di luce: la luce all'interno rimbalza migliaia di volte, rimanendo intrappolata così a lungo, da consentire l'analisi del suo contenuto. Un po' come il riverbero prodotto dal suono nella cupola di una chiesa", continua Gagliardi.

Le gocce funzionano come dispositivi ottici complessi, realizzati in maniera molto semplice sfruttando le proprietà naturali dei liquidi. "Abbiamo dimostrato per la prima volta - aggiunge - che usando la luce è possibile attivare, sulla superficie della goccia, delle onde acustiche non udibili all'orecchio umano, che diventano simili a microfoni delle informazioni custodite dalla goccia". Si tratta di una "strada nuova e diversa - conclude - per mettere a punto nuove tecniche di analisi dei liquidi e studiarne le caratteristiche".

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