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Distretto Agrumi di Sicilia, 20% succo in bibite non basta

(ANSA) - PALERMO, 9 MAR - La filiera agrumicola siciliana da anni solleva il problema e si batte per la valorizzazione delle produzioni agrumicole trasformate, sostenendo l'importanza di immettere sul mercato un prodotto con la più alta percentuale di agrumi possibile. Per questo, già nel 2014, in sede di audizione in Commissione Agricoltura del Senato, tutte le categorie agricole siciliane avevano espresso parere favorevole sull'aumento della percentuale di succo nelle aranciate.

Pertanto ha certamente accolto con soddisfazione la decisione di aumentare la percentuale di succo nelle bibite dal 12% al 20%, seppure si tratti sempre di percentuali ancora troppo basse.

"Però è il caso di fare chiarezza - si legge in una nota del Distretto Agrumi di Sicilia -. Se non si assicura la tracciabilità del prodotto con una normativa ben chiara - da anni chiesta al Ministero per le Politiche Agricole - è praticamente impossibile garantire l'impiego di succo proveniente dalle produzioni italiane e siciliane e sta solo alla sensibilità etica delle aziende produttrici di bibite decidere se utilizzare succo italiano o estero".

"L'aumento della percentuale minima di succo nelle aranciate prodotte e vendute in Italia, senza però indicare la provenienza delle arance, rischia di diventare una vittoria dei furbi. Una novità che in realtà va a scapito dei produttori agrumicoli italiani e siciliani in particolare" afferma il Coordinamento di Agrinsieme, costituita da Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari -. La norma recentemente approvata è solo un piccolo passo verso il riconoscimento delle ragioni del comparto agrumicolo".

"Per valorizzare la produzione agrumicola siciliana - afferma Federica Argentati, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia - è certamente necessario ottenere una normativa chiara sulla tracciabilità, ma anche lavorare per chiudere un accordo di filiera condiviso fra produttori e industriali, dando vita a un monitoraggio serio e preciso della produzione che può essere conferita per la realizzazione di succo, non solo dalle produzioni d'eccellenza (Dop, Igp e Bio) ma anche da quelle non certificate comunque prodotte in Sicilia. Solo così potremmo garantire ai trasformatori e dunque ai produttori di bibite i quantitativi necessari di succo italiano e siciliano". (ANSA).

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