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Cumpà, camurria, minchia: le parole da sapere prima di arrivare in Sicilia

PALERMO. Non un semplice dialetto, ma un idioma vero e proprio, l’Unesco riconosce al Siciliano lo status di lingua madre.

Colorito ma versatile, diretto ma adatto ad ogni situazione grazie ad alcune esclamazioni esplicative,  che ogni turista dovrebbe sicuramente conoscere prima di mettere piede sull’isola. Il dialetto si mischia all’italiano attraverso prestiti che fungono da rafforzativi, senza i quali per un siciliano doc non ci sarebbe chiarezza.

Facendo il punto della situazione in linea di massima sono 10 le parole più usate da un siciliano, le quali compongono in media il 50 % di una frase.

Prima in classifica per utilizzo, troviamo minchia, parola ormai sdoganata anche in altre zone dell’Italia. Il suo utilizzo si presta a diversi ambiti e a diverse situazioni: ironia, esclamazione, stupore, paura, felicità e apprezzamento e non è legato al bon ton e a precise regole di comportamento, ma è sempre accettato e mai criticato. Difficilmente non capiterà di sentire questa parola in un comune dialogo con un siciliano.

A seguire abbiamo cumpà-compa/ ‘mpare-‘mbare, letteralmente compare, il suo ruolo in realtà è quello di mettere a suo agio l’interlocutore o  identificarlo come un amico, oltre a un tipo di saluto può essere metodo di rassicurazione se utilizzato a fine frase segnando un rapporto di confidenza. La variante cambia se ci troviamo nella parte orientale o occidentale dell’isola.

A seguire troviamo mizzica per lo stupore, per ambienti più formali, avà , letteralmente “dai”o “suvvia”, utilizzato più nel catanese e futtitinni, quest’ultimo il vero e proprio mantra siculo, capace di esorcizzare qualsiasi paura o inquietudine. Continuando nella ricerca troveremo sicuramente ammatula, “inutilmente”, ad esempio nell’espressione “longu a matula” ovvero alto inutilmente, per indicare un immaturo, camurria  seria sensazione di fastidio.

Infine pacchione , parola su cui palermitani e catanesi si trovano in disaccordo, infatti per i primi questa parola indica una persona in notevole sovrappeso nel secondo caso diversamente una ragazza molto bella e attraente.

In conclusione abbiamo peri peri, in giro senza nessuno scopo e ntzù l’onomatopea sicula per eccellenza. Il classico schiocco della lingua usato dai siciliani per negare qualcosa.

In Sicilia infatti nessuno ci dirà no secco, ma ntzù è più che abbastanza.

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