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L'Onu vara nuove sanzioni contro la Corea del Nord: taglio a export

NEW YORK. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione proposta dagli Usa che inasprisce le sanzioni contro la Corea del Nord, con un pesante taglio all’export di Pyongyang pari a un miliardo di dollari. Il documento, votato dunque anche dalla Cina, tra l'altro vieta le esportazioni di carbone, ferro, piombo e prodotti ittici.

La risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza vieta poi ai paesi membri di aumentare il numero di nordcoreani che lavorano all’estero, impedisce nuove joint venture con il regime e qualsiasi nuovo investimento in quelle correnti.

Inoltre, altri nove individui e quattro entità vengono aggiunti alla lista nera, inclusa la Foreign Trade Bank nordcoreana, a cui viene applicato il blocco totale delle attività.

Per il regime di Kim le nuove misure punitive significano un taglio di un miliardo di dollari l’anno, un terzo delle entrate complessive legate alle esportazioni.

Il testo della risoluzione è frutto di un duro lavoro diplomatico svolto nelle ultime settimane al Palazzo di Vetro con i rappresentanti della Cina, il principale partner commerciale di Pyongyang. Con Pechino che, dopo mesi di braccio di ferro, per la prima volta non solo si è astenuta dal veto ma ha appoggiato il testo americano. Con tanto di ringraziamenti da parte dell’ambasciatrice Usa Nikki Haley.

I timori per gli ultimi test missilistici e nucleari sono alti. Il regime di Kim Jong-un ha mostrato con le ultime provocazioni di poter davvero colpire gli Usa, senza considerare il pericolo di un conflitto nell’area del sudest asiatico con le continue minacce di Pyonyang a Giappone e Corea del Sud. Proprio questi timori hanno spinto le grandi potenze a lavorare per una mediazione in seno all’Onu.

Il testo di risoluzione non è duro come avrebbe voluto l’amministrazione Trump, che puntava anche a impedire definitivamente l’accesso della Nord Corea ai mercati valutari internazionali e alle forniture di petrolio. Ma oltre a colpire interi settori dell’export, le sanzioni proposte pongono nuovi limiti alla possibilità di Pyongyang di stipulare joint venture e alle attività della Foreign Trade Bank nordcoreana. Previsto pure il divieto di inviare nuovi lavoratori all’estero.

Solo qualche giorno fa dal segretario di stato Rex Tillerson era partito il primo serio tentativo diplomatico per aprire una breccia e intavolare con Pyongyang discussioni che possano portare a veri e propri negoziati.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, si sono detti pronti a tutto per porre fine alla minaccia nucleare della Corea del Nord, anche a «una guerra preventiva». Parola di H.R. McMaster, il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, che sferra un affondo senza precedenti verso Pyongayang. «Se mi chiedete se stiamo preparando piani per una guerra preventiva rispondo di sì», ha affermato McMaster in tv, ricordando come «Trump sia stato molto chiaro su questo. Ha detto che non tollererà più le minacce della Corea del Nord. Per lui è intollerabile che abbiano armi nucleari che possano minacciare gli Usa. L’opzione militare è dunque sul tavolo».

McMaster ha aggiunto di essere consapevole che un attacco alla Corea del Nord potrebbe portare a «una guerra molto costosa con sofferenze immense soprattutto alla popolazione sudcoreana». E ha spiegato di non poter dire se Pyongyang con i suoi missili è in grado di raggiungere San Francisco o Washington: «Quello che posso dire è che siamo di fronte a una minaccia gravissima».

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