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Rivolta della sinistra contro Renzi, anche Prodi: "Vuole che sposti la tenda più in là"

ROMA. Matteo Renzi rilancia il suo "niet" ad un accordo con i partiti a sinistra del Pd, e lo fa con i toni che gli sono consueti; ma questa volta a rivoltarsi contro di lui non è solo la minoranza interna, ma anche due padri nobili come Walter Veltroni e Romano Prodi, ed esponenti Dem che lo hanno sempre sostenuto, come il ministro Dario Franceschini e il governatore dell'Emilia Stefano Bonaccini.

La Direzione del 12 luglio si avvicina dunque in un clima di "esasperazione", come ha lamentato Lorenzo Guerini, mentre a sinistra si attende l'iniziativa di Giuliano Pisapia di sabato, per vedere se possibile un matrimonio di Campo progressista e Mdp con l'iniziativa di SI, Prc e di Tomaso Montanari e Anna Falcone. In una intervista al Quotidiano Nazionale e in dichiarazioni di buon mattino, Renzi ha ribadito il suo credo, e cioè che il "modello Pisapia" non funziona, tanto è vero che si è perso a Genova e nelle città dove il centrosinistra correva unito.

In più Renzi ha accomunato Prodi a quanti puntavano alla sconfitta ai ballottaggi per accusarlo. La risposta del Professore non si è fatta attendere: "Leggo che il segretario del Pd mi invita a spostare un po' più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera". Parole che si aggiungevano una intervista di Veltroni che spiegava a Renzi che "la vocazione maggioritaria non significa autosufficienza".

Prodi nei giorni scorsi si era speso, anche con telefonate a Bersani e D'Alema, perché fossero superati i veti nei confronti del Pd e di Renzi nella costruzione del centrosinistra promossa da Pisapia. Le dichiarazioni di Renzi hanno fatto spazientire non solo il Professore ma anche Dario Franceschini, che in un tweet in cui ha ricordato i risultati negativi dei ballottaggi, ha chiesto: "bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il centrosinistra non per dividerlo". Subito Graziano Delrio e Lorenzo Guerini hanno invitato Prodi a ripensarci, con il secondo che ha anche chiesto a Franceschini di non esasperare il clima. Anche perché Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, in una iniziativa della loro Area, ribadivano le critiche alla linea di Renzi.

Senza dimenticare le esternazioni di Stefano Bonaccini: "ci sono pezzi di società che stanno voltandoci le spalle", anche perché " quando ti senti autosufficiente rischi di sfiorare l'arroganza". In serata Renzi ha risposto a muso duro su Facebook, dove ha stigmatizzato le "polemiche interne al Pd" che "gli iscritti, i militanti e gli amministratori non meritano". "Se qualcuno vuole riportare le lancette al passato quando il centrosinistra era la casa delle correnti e dei leader tutti contro tutti, quelli che al mattino stavano in consiglio dei ministri e al pomeriggio in piazza a manifestare contro il Governo, noi non ci siamo". Poi quasi una minaccia: "Perdonatemi, ma non e' il mio campo di gioco", come a evocare un suo passo indietro.

Subito Ettore Rosato, vicino tanto a Renzi quanto a Franceschini ha detto che la leadership del segretario "non è in discussione". Quelli con cui il Pd dovrebbe allearsi attendono Pisapia. Nicola Fratoianni (SI non sarà sabato dall'ex sindaco di Milano) chiede un progetto con un programma chiaro di sinistra, alternativo al Pd, ed anche Massimo D'Alema, ha messo dei caveat alla proposta di Pisapia di primarie di coalizione: "prima di discutere di come fare le primarie bisognerà verificare se c'è una base programmatica, culturale, ideale, per poter fare la coalizione stessa" anche perché "fare le primarie con Renzi sarebbe come una roulette russa. Se viene il colpo sbagliato... Non si può fare".

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