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Affonda barcone diretto verso l'Italia,
recuperati 34 cadaveri di migranti
"Tra le vittime una decina di bambini"

ROMA. Almeno 34 persone sono morte e altre risultano disperse nel naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti, partito all’alba di oggi dal porto libico di Zuara e diretto verso l’Italia. Tra le vittime anche un numero imprecisato di bambini, «forse una decina», secondo quanto si è appreso in forma ufficiosa da fonti dei soccorritori. Le operazioni di soccorso sono state coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in un tratto di mare non lontano da dove ieri i colleghi libici hanno intercettato due unità con 237 migranti a bordo: i due barconi sono stati fatti tornare in Libia e i migranti sono stati dichiarati in arresto.

E sempre nel Mediterraneo centrale, secondo testimonianze raccolte dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), vi sarebbe stato un altro naufragio venerdì scorso con un bilancio non ufficiale di oltre 150 dispersi.  Il naufragio di oggi è avvenuto questa mattina a circa 30 miglia da Zuara: forse per un’onda anomala o per un improvviso spostamento delle persone che erano a bordo, il barcone si è piegato su un lato e, prima che riprendesse l’assetto normale, quasi la metà delle circa 500 persone che erano a bordo è finita in acqua. Ricevuta la richiesta di soccorso, la centrale operativa di Roma della Guardia Costiera ha inviato nell’area del naufragio una propria nave, un rimorchiatore e una unità di una organizzazione non governativa.

I soccorritori - in particolare i marinai della Guardia Costiera e quelli del Moas, una delle ong che da tempo opera in soccorso dei migranti - hanno recuperato 34 cadaveri, compresi quelli dei bambini che galleggiavano tra gli adulti. Hanno, inoltre, tratto in salvo tra scene di disperazione i superstiti che urlavano in mare ed hanno, infine, preso a bordo le altre persone che erano rimaste sul barcone. Dal racconto dei testimoni è emerso che altre persone potrebbero essere annegate. Per la ricerca dei dispersi la Guardia Costiera ha elevato il numero delle navi presenti sul posto. Altre unità navali - 14 in totale - sono state impiegate in 12 operazioni per soccorrere oltre duemila migranti, diretti verso l’Italia a bordo di gommoni e piccole imbarcazioni.
La rotta del Mediterraneo centrale Libia-Italia continua, dunque, ad essere ad altissimo rischio: su un numero totale di oltre 50 mila migranti arrivati quest’anno in Italia via mare (+39% rispetto allo scorso anno), è di circa 1.400, secondo le stime dell’Oim, il numero di migranti che hanno perso la vita. Negli ultimi 15 anni, secondo stime non ufficiali, sono morte oltre 30mila persone, con il Mediterraneo che ha acquistato sempre più un’immagine simile ad un grande cimitero di guerra. In questo contesto, ieri, per ordine delle autorità della Libia, con le quali il ministro dell’interno Marco Minniti ha stipulato recenti accordi di collaborazione, la Guardia Costiera libica ha raggiunto e bloccato, 12 miglia al largo di Sabrata, a ovest di Tripoli, due barconi diretti verso l’Italia, con a bordo 237 persone, provenienti della stessa Libia, Marocco, Africa subsahariana e Bangladesh.

 

Le due unità, con l’assistenza di un rimorchiatore, sono state fatte rientrare nel porto di Sabrata. I «migranti illegali» - così sono stati definiti da un portavoce della Marina libica - dopo aver ricevuto «l'aiuto umanitario e medico necessario», sono stati dichiarati in stato di arresto dalle autorità libiche e consegnati al «centro di accoglienza di Al Nasr, facente capo all’Autorità della lotta contro l’immigrazione clandestina di Zawiya». La Marina libica, infine, ha respinto l’addebito mosso dalla ong tedesca Jugend Rettet alla Guardia Costiera della Libia di aver recentemente usato le armi contro barconi carichi di migranti. Ma anche Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée hanno sostenuto che ieri la guardia costiera libica si è avvicinata a barconi in difficoltà, ha minacciato le persone a bordo e ha sparato dei colpi in aria, mettendo in pericolo la vita dei migranti e scatenando il panico.

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