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Terrore al concerto a Manchester
22 morti, anche bimbi: l'Isis rivendica
L'attentatore è un libico-inglese

ROMA. Una strage d'innocenti, come sempre e più di sempre. Con la firma dell'Isis o, se non altro, con la sua empia benedizione. Ci sono ragazze, ragazzi, famiglie e bambini (la più piccola di 8 anni) tra le vittime cercate e trovate da chi ieri sera ha seminato sangue e morte fra le migliaia di spettatori della Manchester Arena, all'uscita dal concerto di Ariana Grande, beniamina pop italo-americana dei giovanissimi di mezzo mondo.

Un attentato che ripropone lo spettro del terrorismo suicida in Europa in dimensione da carneficina: il bilancio di almeno 22 uccisi e 120 feriti - purtroppo ancora provvisorio, non risultano al momento italiani - è il più grave in Gran Bretagna fin dagli attacchi del 2005 contro metro e bus di Londra. E molte delle persone ricoverate, una dozzina delle quali sotto i 16 anni, lottano in queste ore fra la vita e la morte.

Il presunto kamikaze ha un nome: Salman Abedi, 22 anni, uno dei tanti 'nuovi britannici' residenti a Manchester come altrove, finito in passato nel radar delle forze di sicurezza, salvo poi eclissarsi. Per il capo della polizia locale Ian Hopkins è stato lui l'autore "dell'atrocità" commessa nell'arena. Ogni dettaglio ufficiale resta tuttavia coperto dal riserbo.

Mentre Theresa May, dopo aver presieduto il comitato d'emergenza Cobra, si è limitata a far sapere che le indagini mirano adesso a stabilire eventuali connessioni con cellule più vaste. Di certo si sa che un altro 23enne, forse un complice, è stato arrestato la notte scorsa. E che un blitz delle teste di cuoio di Sua Maestà è stato condotto nelle ultime ore nella zona di Carlton Road, periferia ad alta concentrazione islamica a sud di Manchester, dove gruppi di rifugiati hanno trovato alloggio.

L'Isis, dal canto suo, si è fatto sentire attraverso il solito bollettino di propaganda - la cui attendibilità viene presa con le pinze dagli 007 americani - diffuso dall'agenzia filo-jihadista Amaq. Bollettino un po' 'fuori fuoco' in cui si parla di "ordigni collocati da uno dei soldati del Califfato" e non di "martiri", si azzarda un bilancio di vittime diverso (30 morti, 70 feriti) e si ricorre alla minaccia di rito: "Per chi venera la Croce e i loro alleati il peggio deve ancora venire".

Se l'obiettivo è, come appare evidente, suscitare il panico, si può dire che è raggiunto a metà. La tensione, a Manchester e non solo, è oggi palpabile, malgrado le centinaia di agenti inviati di rinforzo a presidiare obiettivi sensibili (compresi gli stadi londinesi di Wembley e Twickenham) e i tiratori scelti armati fino ai denti nelle strade. Mentre i falsi allarmi si sono moltiplicati dall'aeroporto svedese di Goteborg a quello di Dubai, dalla stazione di London Victoria al centro commerciale Arndale, evacuato temporaneamente nella stessa Manchester. Ma non è mancata neppure la reazione d'orgoglio del mondo politico britannico, pronto a sospendere la campagna elettorale in vista del voto dell'8 giugno e a serrare le file, dei leader del pianeta, di tanta gente comune. A Manchester, storico bastione operaio della vecchia Inghilterra, si é mossa la piazza, in una veglia guidata stasera dal sindaco laburista Andy Burnham.

E si è mosso pure il mondo del calcio, con i gesti di solidarietà di leggende dello United (David Beckham in testa) o del City: la moglie e le due figlie dell'allenatore Pep Guardiola erano d'altronde al concerto di Ariana Grande. Sono riuscite ad allontanarsi incolumi. Al vertice del Paese, poi, la premier Tory, Theresa May, parlando da Downing Street prima di visitare il luogo dell'eccidio e i bambini feriti ricoverati in uno dei sei ospedali allertati per l'emergenza, ha ammesso che altre minacce possono essere ancora dietro l'angolo.

Ma ha invocato unità, assicurando che "lo spirito della Gran Bretagna non si farà piegare" e che "il terrorismo non vincerà mai". Parole riecheggiate dal presidente americano Donald Trump, che ha chiamato May per condannare "la barbarie" e promettere di marciare spalla a spalla contro il terrore, da alleati come Paolo Gentiloni o Emmanuel Macron, da tutto il G7, da avversari geopolitici come Vladimir Putin.

Mentre il Papa ha levato la sua voce contro la "violenza insensata" di Manchester e lo stesso ha fatto senza ambiguità il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed Al Tayyib. Anche la regina, come l'erede al trono Carlo, ha voluto rendere pubblico il suo sgomento, specialmente per il sangue sparso dai più piccoli: Saffie Rose Roussos ad esempio, 8 anni appena, vittima-simbolo d'un odio assassino capace di mirare deliberatamente ai bambini. Come a Beslan o come in Pakistan più di recente. "Era bellissima, gentile, dolce, silenziosa e con uno spirito creativo", l'ha ricordata commosso uno dei suoi insegnanti. E soprattutto, era innocente.

 

 

 

 

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