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Alitalia, no dei lavoratori al piano
Convocato Cda d'emergenza

Aerei Alitalia all'aeroporto di Roma Fiumicino

ROMA. I lavoratori di Alitalia, chiamati ad esprimersi con il referendum, dicono NO al preaccordo per il salvataggio, aprendo così la strada al commissariamento della compagnia. Il "no" vince nettamente, affermandosi con 6.816 voti, contro 3.206 sì, vale a dire con il 67%. Lo riferiscono i sindacati comunicando il dato finale della consultazione.

I "no" hanno stravinto tra il personale navigante, con 3.166 voti contrati e 304 favorevoli, ma hanno prevalso anche nell'urna relativa al personale di terra dello scalo di Fiumicino, con 648 contro 407 e in quella della cosiddetta 'pista' con 957 contro 577. La bocciatura è arrivata poi da Malpensa (278 a 39), Linate (698 a 153) e dagli uffici della Magliana (amministrativi, call center, informatici, con 193 contrari e 39 favorevoli). I "sì", invece, hanno prevalso nell'urna 2 (ancora amministrativi e personale non operativo, con 777 voti contro i 443 "no"), nel reparto 'manutenzione' (749 a 373) e nelle periferie (161 a 60). Le schede bianche sono state in totale 17, quelle nulle 134.

Il Consiglio di Amministrazione di Alitalia, convocato ieri dopo l'esito negativo del referendum dei lavoratori, è previsto nella tarda mattinata. Il Cda è chiamato a valutare gli effetti del voto di ieri che ha bocciato il verbale di confronto siglato il 14 aprile dalla Compagnia, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni professionali.

I primi segnali sull'andamento delle votazioni sono arrivati dai seggi milanesi di Malpensa e Linate dove, rispettivamente, si contavano 278 NO e 39 SI' e 698 NO e 153 SI'. Da Fiumicino intanto arrivavano i primi numeri della prima delle 5 urne: 1.900 NO, 190 SI'. Ma l'incertezza restava grande, poichè la maggioranza dei votanti era costituita da personale di volo, notoriamente contrario al preaccordo.

Poi in serata, l'annuncio, anche se non ufficiale, del superamento del 50% dei votanti da parte del NO. Il risultato del referendum ora apre uno scenario complesso. Ora si dovrebbe riunire il Consiglio di amministrazione di Alitalia, per deliberare la richiesta di amministrazione straordinaria speciale. Probabile la contestuale uscita dei soci per consegnare di fatto 'le chiavi' dell'azienda al governo. Una volta formalizzata la richiesta, il ministero dello Sviluppo Economico procederà con la nomina di uno o più commissari (fino a 3).

Con molta probabilità vi sarà quindi la corsa dei fornitori a esigere i pagamenti, mentre il nuovo commissario dovrà in tempi relativamente brevi, elaborare un piano industriale da sottoporre a governo e creditori. L'ipotesi di trovare un acquirente (in caso di cessione unitaria, l'eventuale compratore dovrebbe impegnarsi a tenere tutti i 12.500 lavoratori per due anni) oppure quella di nuovi finanziatori, a fronte di un piano industriale rimodulato che assicuri riequilibrio finanziario e continuità d'impresa (che comporterebbe però altri forti costi) vengono entrambe considerate altamente improbabili.

In questo scenario, al commissario non resterebbe che chiedere il fallimento della compagnia, con la conseguente dichiarazione di insolvenza da parte del Tribunale. Il curatore fallimentare inizierà la procedura liquidatoria, con due anni di cassa integrazione, Naspi e quindi disoccupazione per i lavoratori, contestualmente la cessione 'spezzatino' degli asset della compagnia. I costi della liquidazione di Alitalia ammonterebbero secondo alcuni calcoli, a un miliardo.

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