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Saronno, l'ospedale dove operava "l'angelo della morte"

SARONNO. Gli anziani malati che arrivavano al Pronto Soccorso a Saronno e si affidavano alle terapie del dottor Leonardo Cazzaniga speravano di ricevere cure amorevoli quando sentivano scorrere dentro di sè l'effetto di quei farmaci. Invece stavano morendo. «L'angelo della morte» aveva appena fornito loro il suo «cocktail» di farmaci. Mortale.

Una sorta di anestesia con dosi di morfina che i consulenti hanno accertato essere dieci volte superiori al consentito.  Questo avveniva nel Pronto Soccorso dell'ospedale di Saronno. Erano in molti a sospettare che lì dentro avvenisse qualcosa di strano. Lo sospettavano medici e infermieri, ma (quasi) tutti hanno taciuto. Lascia sgomenti la vicenda che ha come protagonista il 60/ne medico anestesista arrestato con l'accusa di aver ucciso volontariamente almeno quattro pazienti tra il febbraio 2012 e l'aprile del 2013. Attraverso un cocktail di sedativi e anestetici (il «protocollo Cazzaniga») lui - che in un'intercettazione si definisce «l'angelo della morte» - non solo addormentava i suoi pazienti, ma dava loro una morte dolce, almeno secondo lui. Peccato che loro non lo sapevano. Secondo quanto dicono a mezza bocca all'ospedale di Saronno (nessuno vuole esporsi a farlo esplicitamente) il dottor Cazzaniga insieme alla sua compagna Laura Taroni era riuscito a creare intorno a sè un clima «di paura e omertà», come ha messo in luce l'inchiesta.

Descritto nei corridoi dell'ospedale come un uomo dal carattere polemico, Cazzaniga aveva avuto problemi con più di un collaboratore. Al punto che due infermieri avevano sporto denuncia nei suoi confronti, uno alla Direzione sanitaria, l'altro ai Carabinieri. Nessuno però aveva mai apertamente parlato del «protocollo Cazzaniga». Hanno ammesso di esserne a conoscenza solo dopo che è scoppiato lo scandalo. Hanno detto agli investigatori che in ospedale erano in molti a sapere, sia tra i medici sia tra gli infermieri, del «protocollo Cazzaniga».

Un metodo creato personalmente dal medico per trattare pazienti da lui ritenuti privi di aspettativa di vita. «Ho sentito personalmente il medico parlare del suo protocollo, non fa mistero di avere una sua visione del trattamento da riservare a quei pazienti - testimonia agli inquirenti un infermiere -. Una volta ho sentito Cazzaniga dire ad un collega oncologo che se aveva bisogno di posti letto passava da lui in reparto». La stessa tipologia di affermazioni, come si legge nelle carte, viene sostanzialmente fatta dagli altri infermieri sentiti. Tra loro, anche il primo che segnalò l'operato del medico alla sua diretta superiore: «alcune volte ho sentito il Cazzaniga dire al personale del 118 che telefonava per preannunciare l'arrivo di un paziente in codice giallo o rosso: va bene, inviatelo e io applicherò il mio protocollo». L'inchiesta è partita nel 2013. Ed ora è emerso che Cazzaniga sarebbe responsabile anche della morte del marito della sua compagna. Sarebbe stato lui (in carcere da ieri come lei) ad indicarle i farmaci giusti per ucciderlo lentamente, giorno dopo giorno.  «Il protocollo - si legge nella carte - consisteva nella sistematica e deliberata somministrazione di anestetici e sedativi in dosaggi e combinazioni tali da provocare o accelerare il decesso». E un'infermiera ha testimoniato di aver sentito Cazzaniga commentare in questi termini di fronte all'arrivo di un paziente: «questo è un paziente perfetto da sottoporre al mio protocollo».

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