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Stipendi dei parlamentari, è scontro nel Pd. Il M5S: "Gentaglia"

Il leader del M5S, Beppe Grillo in tribuna alla Camera

ROMA. Il rinvio del testo in commissione e lo scontro in Aula, sotto lo sguardo di Beppe Grillo: finisce come in tanti avevano previsto il grande 'casus belli' del ddl per il dimezzamento degli stipendi dei parlamentari. Finisce, cioè, con uno scontro totale tra Pd e Cinque Stelle e con il primo che, forte di una maggioranza schiacciante alla Camera, ottiene il rinvio del ddl e i secondi che, con Alessandro Di Battista, urlano la loro rabbia in piazza: "Questa è gentaglia ignobile".

E mentre Grillo paragona i Dem a "vacche ruminanti" accusandoli di aver "tradito il mandato costituzionale" è Matteo Renzi, in serata, a sfidare l'ex comico in un confronto a Porta a Porta: "E' in difficoltà e si è inventato la mossa di oggi". In Aula il botta e risposta dura non più di mezz'ora, complice la mossa della maggioranza di chiedere - senza obiezioni dal M5S - di discutere come primo punto il ddl a prima firma di Roberta Lombardi e, subito dopo, proporre con Lorenzo Dellai il suo rinvio in commissione.

Proposta sulla quale SI e FI votano contro mentre il capogruppo Pd Ettore Rosato si dice d'accordo, usando toni duri. "Grillo, dopo essere venuto qui, vada anche in un altro 'colle', e chieda conto dei costi, delle auto blu, delle consulenze", attacca Rosato con chiaro riferimento al Campidoglio. Al M5S, incalza, "interessa far prendere ai parlamentari la metà delle consulenze di Muraro".

Parole che dai banchi del M5S sono accompagnate con un applauso ironico crescente al quale si unisce, dopo diversi minuti passati ad osservare il dibattito in silenzio, anche Grillo. "Bravo, bravo!", urla il leader M5S dal loggione, salvo essere richiamato subito dai commessi. E' l'unico momento, di fatto, di protesta plateale del M5S che, poco prima, aveva dato indicazione di non esporre né cartelli né striscioni in Aula.

E' in una piazza non pienissima ("un flop", sottolinea il Pd), invece, che la protesta grillina trova sfogo: davanti a Montecitorio un centinaio di attivisti accolgono i deputati con il coro "Onestà, onestà" mentre Di Battista promette che il Movimento "non mollerà" e Roberto Fico bolla come "vigliacchi" i deputati Pd. La gente applaude, l'atmosfera si surriscalda, ma non troppo, e in poco tempo la protesta rientra mentre nella sede dei gruppi 5 Stelle Grillo è a colloquio con lo staff della comunicazione e 'partorisce' un post in cui sottolinea: i Dem "come vacche autonominatesi sacre", hanno "tolto dal campo della discussione democratica la questione, trasportandola nelle loro stalle".

Nel tardo pomeriggio l'ex comico abbandona Montecitorio e torna in albergo: ad attenderlo, nelle prossime ore, ci sarà un nodo ben difficile da sciogliere, quello della votazione online sul Non Statuto. Ma la polemica Pd-M5S, in piena campagna referendaria, prosegue fino a sera. "Renzi e il Pd hanno gettato la maschera, i cittadini onesti sono l'ultima speranza dell'Italia", attacca Luigi Di Maio.

"I Cinque stelle hanno detto che prendono 2-3000 euro al mese poi vai a scoprire che con i rimborsi ne prendono 11000 esattamente come quelli del Pd", replica a distanza Renzi ribadendo la sua proposta di legare le indennità alle presenze in Aula. E tra M5S e Alessia Morani lo scontro arriva in tribunale. Sugli stipendi Morani "mente, la quereliamo", recita un post del blog di Grillo. "Sarà un piacere", risponde la deputata Dem che denuncia l'aggressione di un attivista del Movimento fuori dalla Camera.

"E' un ping pong tra demagogie", chiosa Pier Luigi Bersani in serata interpretando, a suo modo, una delle tappe più chiassose della battaglia in vista del voto del 4 dicembre.

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