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E' morto Ciampi, il banchiere
diventato presidente di tutti

ROMA. E' morto questa mattina a Roma Carlo Azeglio Ciampi. Aveva 95 anni. Nato a Livorno nel 1920 è stato presidente della Repubblica dal 1999 al 2006. E' stato anche, per 14 anni, governatore della Banca d'Italia e presidente del Consiglio nel 1993. I funerali si svolgeranno a Roma.  La Presidenza del Consiglio ha
disposto per lunedì 19 settembre  una giornata di lutto nazionale con l'esposizione a mezz'asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici dell'intero territorio italiano. Lo comunica una nota di Palazzo Chigi.

Ciampi era ricoverato da alcuni giorni nella Clinica Pio Xi di Roma dopo un peggioramento delle sue condizioni di salute. Lo conferma il professore Andrea Platania, primario Medicina interna, che lo aveva in cura. «Sono con la famiglia - ha affermato Platania - che in questo momento chiede riservatezza».

"L'abbraccio del Governo alla signora Franca. E un pensiero grato all'uomo delle Istituzioni che ha servito con passione l'Italia". Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Presidente della Repubblica, Banchiere centrale e uomo politico, nato a Livorno il 9 dicembre 1920. Ha conseguito la laurea in Lettere e il diploma della Scuola Normale di Pisa nel 1941, e la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa nel 1946. In questo ultimo anno è stato assunto alla Banca d'Italia, dove ha inizialmente prestato servizio presso alcune filiali, svolgendo attività amministrativa e di ispezione ad aziende di credito.

Nel 1960 è stato chiamato all'amministrazione centrale della Banca d'Italia, presso il Servizio Studi, di cui ha assunto la direzione nel luglio 1970. Segretario generale della Banca d'Italia nel 1973, vice direttore generale nel 1976, direttore generale nel 1978, nell'ottobre 1979 è stato nominato Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi, funzioni che ha assolto fino al 28 aprile 1993. Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente del Consiglio, presiedendo un governo chiamato a svolgere un compito di transizione.

Durante la XIII legislatura è stato Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, nel governo Prodi (dall'aprile 1996 all'ottobre 1998) e nel governo D'Alema (dall'ottobre 1998 al maggio 1999). Dal 1993 Governatore onorario della Banca d'Italia e dal 1996 membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Ha ricoperto numerosi incarichi di rilevanza internazionale, tra cui quelli di: presidente del Comitato dei governatori della Comunità europea e del Fondo europeo di cooperazione monetaria (nel 1982 e nel 1987); vice presidente della Banca dei regolamenti internazionali (dal 1994 al 1996); presidente del Gruppo Consultivo per la competitività in seno alla Commissione europea (dal 1995 al 1996); Presidente del comitato interinale del Fondo Monetario Internazionale (dall'ottobre 1998 al maggio 1999).

Dall'aprile 1993 al maggio 1994, Ciampi ha governato durante una fase di difficile transizione istituzionale ed economica. Il referendum elettorale e la congiuntura sfavorevole caratterizzata da un rallentamento della crescita economica richiedevano immediate risposte. Il governo Ciampi ha garantito l'applicazione della nuova legge elettorale approvata dal Parlamento, attraverso il complesso lavoro per la determinazione dei collegi e delle circoscrizioni elettorali, e il passaggio da un Parlamento profondamente rinnovatosi tra la XI e la XII legislatura. Sul piano economico gli interventi più significativi sono stati rivolti a costituire il quadro istituzionale per la lotta all'inflazione, attraverso l'accordo governo-parti sociali del luglio del 1993, che segnatamente ha posto fine ad ogni meccanismo di indicizzazione ed ha individuato nel tasso di inflazione programmata il parametro di riferimento per i rinnovi contrattuali. Inoltre il governo Ciampi ha dato avvio alla privatizzazione di numerose imprese pubbliche, ampliando e puntualizzando il quadro di riferimento normativo e realizzando le prime operazioni di dismissione (tra cui quelle, nel settore bancario, del Credito italiano, della Banca commerciale italiana, dell'IMI).

Come Ministro del Tesoro e del Bilancio del governo Prodi e del governo D'Alema Ciampi ha dato un contributo determinante al raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, permettendo così la partecipazione dell'Italia alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione. Tra i provvedimenti più significativi di questo periodo si ricorda la manovra correttiva della politica di bilancio varata nel settembre del 1996 dal governo Prodi, che ha consentito un abbattimento di oltre 4 punti percentuali del rapporto indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni rispetto al prodotto interno lordo, il parametro di Maastricht di più arduo conseguimento per il nostro Paese. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto, in prima votazione, decimo Presidente della Repubblica Italiana.

Carlo Azeglio Ciampi è stato un economista di grande prestigio, ha retto la Banca d'Italia per 14 anni e per le sue competenze e qualità morali è approdato alle più alte cariche politiche. Prima come presidente del Consiglio nel periodo più acuto di crisi della Prima Repubblica, dopo come ministro dell' Economia garante dell'entrata dell'Italia nell'euro per poi salire al Quirinale come uomo delle istituzioni senza aver alcuna tessera di partito in tasca.

A parte una militanza giovanile nel Partito d'Azione, Ciampi negli anni turbolenti del dopoguerra non aderì ad alcuna formazione politica, non ha mai occupato, peraltro, un seggio in Parlamento, si è costruito il suo prestigio di studioso e di economista lontano dai Palazzi della politica negli austeri ambienti di palazzo Kock.

La sua figura super partes di economista, studioso discreto e servitore dello Stato, capace di avere un consenso bipartisan, prestato alla politica per guidare la transizione apertasi con la crisi dei partiti investiti da tangentopoli, gli ha consentito, una volta eletto al Quirinale nel 1999 di diventare il «presidente di tutti». Un volto rassicurante di padre di famiglia su cui poter contare. Dei suoi nove predecessori, l'unico ad avere un identikit simile era stato Luigi Einaudi (1948-1955), anch'egli ex governatore della Banca d'Italia.

Cosa ora rimane del «Presidente senza partito»? Sicuramente gli incessanti appelli al dialogo bipartisan. Il confronto - scontro istituzionale, anche se con toni misurati, con Silvio Berlusconi. La riscoperta del Tricolore e dell'Inno di Mameli e il viaggio nella memoria. Sarà un dettaglio da poco, ma significativo, aver aperto al pubblico il Vittoriale, quel monumento imponente che detiene le spoglie del milite ignoto sempre serrato da una cancellata che i romani avevano battezzato per il suo biancore marmoreo la «torta nunziale». Quello di Ciampi è stato un settennato per molti versi sorprendente. Cominciato in sordina, si è imposto con un crescendo inatteso. In tanti ricordano le diffidenze iniziali per un presidente veramente estraneo ai partiti e lo stupore destato dall'elezione con una maggioranza così ampia (707 voti su 990 e al primo scrutinio).

Basta dire che per indicare quella eccezionale convergenza di opposti schieramenti fu coniato un nuovo termine: il 'metodo Ciampi'. Ad altri, invece, Ciampi sembrò un presidente transitorio, di ripiego. Lo faceva pensare il suo curriculum vitae tutto tecnico. Si sbagliavano: per sette anni è Ciampi a giocare nella vicenda politica nazionale il ruolo di 'garante attivo', con il Vangelo della Costituzione in mano, con sue idee politiche, con radicate convinzioni laiche, democratiche ed europeiste, da uomo impegnato a difendere con passione civile e determinazione le sue opinioni.

Il presidente livornese era stato per 14 anni (1979-1993) alla guida della Banca d'Italia, per un anno presidente del Consiglio (1993-1994), per tre anni ministro del Tesoro. Il prestigio e l'autorevolezza guadagnati in questi ruoli gli permisero di dare al Quirinale una centralità in gran parte inedita nella vita italiana. Col suo lavoro di raccordo fra le istituzioni, la riscoperta dell'Inno Nazionale e del Tricolore come momenti forti attorno ai quali «cementare l'identità nazionale», dei monumenti simbolo dell'Unità nazionale, Ciampi conferì al Quirinale l'immagine della «casa degli italiani», come amava ripetere in quegli anni.

La scelta europeista, e la grande partita per far entrare l'Italia nel gruppo di testa tra i paesi che hanno adottato l'Euro, fu una costante, un punto fermo, un radicamento della sua vita politica prima e durante il settennato. Era il «padre della moneta unica» e lo ricordava costantemente insieme alla sua vocazione europea. La sua azione di persuasione, svolta in gran parte per linee interne, è passata come lo stile della moral suasion che si condensa nella formula: senza dialogo non si trovano mai soluzioni politiche. La moral suasion ha avuto successo anche su fatti eclatanti come dopo il G8 di Genova, e alla vigilia dell'attacco anglo-americano contro Saddam Hussein, quando Ciampi richiamò l'art.11 della Costituzione e trattenne il governo Berlusconi dalla tentazione di deliberare una partecipazione militare italiana da belligeranti: il premier ripiegò poi sull'invio di una missione umanitaria protetta militarmente e giunta in Iraq quando le operazioni belliche per la caduta del regime erano già concluse.

Ciampi ha usato con moderazione i suoi pochi poteri (ma li ha usati) ed ha usato il prestigio personale e l'autorevolezza per ampliarli: con le esternazioni e attraverso l'intesa con altre istituzioni. Ha rivendicato ed esercitato il diritto-dovere di dare consigli a tutti: anche all'esecutivo. In questo senso, è stato un presidente interventista dallo stile indubbiamente innovativo. In alcuni casi è intervenuto anche nell'iter legislativo, con la 'moral suasion'. Ma quando i suoi richiami non sono stati ascoltati ha detto dei 'no' chiari e tondi.

Ciampi ha toccato le corde profonde del Paese nei momenti più drammatici, impersonando il dolore di una Nazione: le sfide-ricatto delle bombe del '93;i solenni funerali di Stato per i caduti di Nassiriya, le esequie dei bambini della scuola terremotata di San Giuliano di Puglia. Nei momenti di disorientamento è stato il pacificatore, il pompiere che ha spento mille focolai di scontro troppo acceso, l'arbitro dei conflitti insanabili, il predicatore instancabile del dialogo e della concertazione, il saggio che indica i nodi da sciogliere e al tempo stesso istilla fiducia.

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