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Cassa integrazione, tutela per 40 mila persone in aree colpite dalla crisi

Foto Ansa

ROMA. Il rubinetto della cassa integrazione  non si chiuderà, almeno per tutti i lavoratori delle cosiddette  «aree di crisi industriale complessa», da Trieste a Gela. Si  tratta di un totale che va «dalle 35 mila alle 40 mila persone»,  spiega il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al termine  dell'incontro con sindacati e Regioni sugli ammortizzatori  sociali. La salvaguardia è doppia: oltre a un prolungamento di  12 mesi della Cigs, per tutti coloro a cui scade in corso  d'anno, verrà anche riconosciuto un sussidio di 500 euro mensili  a quanti sono rimasti senza niente. Sul tavolo anche le sorti  degli stagionali, per una parte di loro spunta un mese in più di  indennità di disoccupazione. Le novità saranno inserite nel  decreto correttivo del Jobs act, atteso per metà mese in  Consiglio dei ministri. Il Governo avrebbe pronti 370 milioni.      La soluzione però non convince appieno i sindacati, o meglio  c'è chi è più soddisfatto e chi lo è meno. Si va dalla Cgil, che  giudica le misure «parziali, non sufficienti», alla Cisl che  parla di «una buona notizia», passando per la Uil: «Bene, ma per  ora si tratta solo di un tampone per il 2016».

A parte le  sfumature nel linguaggio i sindacati hanno preso atto, dopo  quattro incontri, della mediazione trovata dal ministero, ma  insistono affinchè il raggio d'intervento si ampli. Sotto accusa  c'è l'architettura degli ammortizzatori così come immaginata nel  Jobs act e la volontà di portare avanti il documento congiunto,  sottoscritto con Confindustria neanche una settimana fa.      Per ora viene lanciato un salvagente per quei lavoratori che  si ritrovano in una sorta di voragine: gli ammortizzatori stanno  per scadere e lo sono già ma i piani di rilancio delle loro  aziende ancora non decollano. Emergenze che toccano  ufficialmente nove aree: Trieste, Piombino (il problema sono le  acciaierie ex Lucchini) e Livorno al Nord. E ancora, Piceno-Val  Vibrata nelle Marche e Rieti nel Lazio. Al Sud invece compaiono  il Molise con Venafro-Campochiaro-Bojano (qui la crisi coinvolge  più settori, tessile e alimentare in primis), Taranto (Ilva e  non solo) e la Sicilia con Termini Imerese (alle prese con la  fase post-Fiat) e Gela (dove è in atto la riconversione dalla  raffineria Eni).

Queste sono le aree di crisi già riconosciute, in base a una  legge del 2012 che prevede vantaggi, corsie preferenziali, per i  territori su cui compare l'etichetta. Le situazioni difficili  andrebbero però oltre la lista: ad esempio, i sindacati fanno  sapere che il Sulcis, in Sardegna, sta già bussando alla porta.  E ancora, ci sono le aree di crisi non complessa, a cui richiama  anche il documento delle parti sui Poletti è orientato ad aprire  «un confronto». Di sicuro potranno 'sforarè in fatto di  ammortizzatori sociali le aziende colpite dal terremoto del 24  agosto (ci sarà un provvedimento ad hoc che liberalizzerà la  cassa in deroga fino a tutto il 2016).     Fin qui misure mirate, ma il Governo sta anche portando  avanti un piano di lotta alla povertà generalizzato, su scala  nazionale, ricorda Poletti, che punta a un budget di «1,5  miliardi» per il 2017.

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