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Pressing Usa sull'Isis e l'Italia invia altri 130 soldati a Erbil

ROMA. L'Italia invierà altri 130 soldati a Erbil rafforzando il suo contributo alla lotta all'Isis. L'annuncio del ministro della Difesa Roberta Pinotti arriva a chiusura del vertice dei 23 paesi più impegnati contro il sedicente Stato islamico.  Una conferenza segnata dal pressing americano sugli alleati per «nuovi contributi» contro Daesh. «Il mondo si aspetta sicurezza da noi, e noi distruggeremo l'Isis», ha esordito stamattina John Kerry alla Farnesina. Il segretario di Stato americano ha ricordato i successi ottenuti finora contro una banda di «ladri, assassini e criminali», ma ha anche chiamato a raccolta i partner della coalizione per un maggiore coinvolgimento perchè «la guerra è ancora lunga».

Dopo la lettera del capo del Pentagono Ashton Carter a diversi ministri della Difesa alleati, tra i quali Pinotti, in cui si chiedeva di valutare anche la possibilità di raid contro l'Isis, il 'forcing' dell'amministrazione Obama è insomma proseguito nella capitale.  Riconoscendo lo «straordinario» impegno dell'Italia, in conferenza stampa con il padrone di casa Paolo Gentiloni, Kerry ha spiegato infatti molto chiaramente di aver chiesto «nuovi contributi» a tutti i Paesi della coalizione. Dai raid alla logistica, tutti dovranno impegnarsi di più, è stato il messaggio lanciato dal segretario di Stato, che ha anche fissato una scadenza ai suoi alleati: entro la conferenza sulla sicurezza di Monaco, il prossimo 11 febbraio, «ogni Paese dovrà dichiarare quale contributo potrà dare».

L'Italia esclude al momento i raid. Ma è pronta a rafforzare la presenza dei suoi soldati a Erbil, nel Kurdistan iracheno: «Altri 130 militari italiani saranno dislocati a Erbil», ha annunciato la Pinotti in serata, spiegando che avranno elicotteri di «protezione e soccorso, un assetto molto pregiato e importante» che consentirà missioni di recupero di feriti in combattimento. «Noi siamo pronti e il decreto è al vaglio degli altri ministeri. Spero che arrivi, se non a questo, al prossimo Consiglio dei Ministri», ha aggiunto, sottolineando che si tratta anche di una risposta alla Francia, che aveva chiesto come potessimo rafforzare il nostro impegno. «Gli americani stanno pensando di spostare questi assetti in Turchia per poter intervenire in Siria, e dunque si tratta di un nuovo e significativo impegno che l'Italia dà alla lotta al terrorismo», ha concluso la titolare della Difesa. Finora, ha ricordato Gentiloni, gli italiani hanno addestrato «2.200 peshmerga curdi che sono stati molto attivi nelle campagne di liberazione» contro l'Isis.

Un ruolo, quello del training delle forze irachene da parte italiana, molto apprezzato anche dagli Stati Uniti. «L'Italia è stata grandiosa, non c'è un partner migliore», ha sottolineato Kerry oggi. E sull'addestramento l'Italia ha anche incassato anche il sostegno di altri partner presenti al vertice, che si sono detti pronti a collaborare.  Al nuovo dispiegamento di forze ad Erbil, nelle prossime settimane, si dovrebbe aggiungere un ulteriore contributo dell'Italia. L'invio di 450 militari a difesa della strategica diga di Mosul, nell'Iraq controllato dai curdi, dopo che oggi la ditta italiana Trevi ha vinto l'appalto per i lavori di ristrutturazione. Sulle modalità dell'impegno dei nostri soldati, il premier Matteo Renzi parlerà nei prossimi giorni con il primo ministro iracheno che riceverà a Roma. In generale è un bilancio in chiaroscuro quello emerso dalla conferenza di Roma che si è svolta tra imponenti misure di sicurezza e finita con un 'brividò: la protesta di un'attivista italiana della rete 'No war' che al termine della conferenza stampa Kerry-Gentiloni si è alzata in piedi e ha urlato 'Siete voi che avete creato l'Isis' prima di essere bloccata dai carabinieri presenti in sala.

Se da una parte alla Farnesina sono stati sottolineati gli «importanti progressi» nella lotta allo Stato islamico che ha perso terreno nel 40% dell'Iraq e nel 20% della Siria, oggi da Ginevra, dove di fatto i negoziati di pace non sono mai cominciati, non sono arrivati messaggi incoraggianti. L'inviato speciale dell'Onu Staffan de Mistura, con il quale Kerry ha annunciato che parlerà domani, ha detto senza mezzi termini che la fiducia tra le parti «è pari a zero». E poi tutti gli alleati presenti si sono detti preoccupati per il dilagare dell'Isis in Libia e nell'Africa subsahariana. Non è un caso se Kerry e Gentiloni hanno invitato al vertice di Roma il presidente della Camera dei rappresentanti libica, Aqila Saleh. Per il momento sembra però essere escluso l'intervento militare immediato. Sia da parte francese («non è assolutamente in questione», ha chiarito il ministro degli Esteri Laurent Fabius) sia da parte americana («Obama non vuole un'invasione su larga scala in Siria e in Libia»), sia da parte italiana.

Gentiloni ha ribadito che il nostro Paese è pronto a rispondere ad eventuali richieste libiche solo dopo che il governo di unità nazionale sarà riconosciuto dal parlamento. Una crisi, quella in Libia, nella quale l'Italia ha ormai assunto un ruolo di guida, come ha riconosciuto anche Fabius. «L'Italia ha preso una sorta di leadership in Libia e la Francia è al suo fianco», è stato il commento del capo del Quai d'Orsay che, dopo il botta e risposta dei giorni scorsi tra Roma e Parigi sul rischio di infiltrazioni dei terroristi sui barconi di disperati che arrivano a Lampedusa, ha assicurato che la Francia non è preoccupata per la capacità dell'Italia di saper gestire il fenomeno migratorio.

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