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Cuffaro fuori dal carcere, un lungo applauso lo accoglie a casa della madre a Raffadali

L'ex presidente della Regione Totò Cuffaro

RAFFADALI. Una piccola folla composta da alcune decine di persone e diversi giornalisti in via Rosario a Raffadali (Ag), sotto casa della mamma di Totò Cuffaro, ha atteso l'arrivo dell'ex presidente della Regione che ieri ha lasciato il carcere Rebibbia di Roma dopo avere scontato la condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Il via vai di curiosi davanti all'abitazione, fra cui alcuni consiglieri comunali, è continuo. Una nipote di Cuffaro, incalzata dai giornalisti, ha fatto sapere che lo zio ha già lasciato Palermo. Totò Cuffaro prima abbraccerà la madre e poi si recherà al cimitero sulla tomba del padre. Totò Cuffaro, l'ex presidente della Regione Siciliana, è arrivato in via Rosario, nell'abitazione della madre Ida. Ad accoglierlo, con un lungo applauso, una sessantina di persone: pochi i politici se non quelli di Raffadali, tanta la gente del suo paese. «Non farò più politica - ha ribadito Cuffaro ai giornalisti - . Mi occuperò dei diritti dei detenuti. Sono contro la pena di morte e contro l'ergastolo ostativo. Ho visto tante persone, con ergastolo ostativo, suicidarsi. La prossima settimana spero di poter partecipare al convegno dell'associazione che si occupa dei diritti dei detenuti». Su Papa Francesco Cuffaro ha detto: «Papa Francesco è un grande uomo. Gli ho baciato la mano in carcere».  Prima di arrivare in casa della madre l'ex governatore si era fermato nell'autorimessa della ditta di autotrasporti 'Cuffarò dove ha salutato, con parole d'affetto, i dipendenti.

«Ho un regalo per Totò. Lui non sa niente, sarà una sorpresa. È una moto Morini, 150 di cilindrata, del 1972. È una moto d'epoca ed è pronta per fare un giro del paese così come quando avevamo 16 anni». Lo dice il farmacista di Raffadali Mimmo Arcuri, amico d'infanzia di Totò Cuffaro, che attende l'arrivo dell'ex Governatore in via Rosario, sotto casa della mamma Ida.  «La moto è nel mio garage - spiega -. La sua (quella di Cuffaro ndr) è andata distrutta, è irrecuperabile. Io ce l'ho ancora e ho deciso, assemblando i pezzi di due moto, di farne una per lui. Sarà una sorta di ritorno agli anni della nostra adolescenza». L'ex presidente della Regione Siciliana è già in viaggio per Raffadali. Qualcuno lo ha raggiunto al telefono per informarsi.

«Sono passati 1780 giorni da quando ho intrapreso la strada chiusa, non ho imprecato contro alcuno, non mi sono appellato alla sorte. Per tenermi vivo ho letto, studiato e pregato. Con lo scrivere ho alleviato la mia avversa sorte». Comincia così il lunghissimo comunicato che Salvatore Cuffaro, scarcerato ieri dopo 4 anni e 11 mesi di detenzione per favoreggiamento alla mafia e violazione di segreto istruttorio, ha affidato al suo avvocato Maria Brucale.  «Non è ciò che sta dentro che lo rende cattivo, il carcere è di per sè cattivo - dice -. Adesso sento forte dentro di me una voce che mi dice: l'essere sopravvissuto non è una colpa, tornare a vivere non è una colpa, è una colpa dimenticare quello che si è vissuto, è una colpa ancora più grande dimenticare quelli che ancora vivono il luogo malvagio».

«Sulla politica non voglio dare giudizi, ma mi sembra che si stia governando 'etiam periere ruinaè (anche le rovine sono andate distrutte) e che questa non è la politica che conosco, la cattiveria è sempre più protagonista e c'è molta più ipocrisia. Sono preoccupato per la nostra terra, la mia Sicilia dove finzione e realtà si confondo fino a fondersi. Terra che non potrò mai smettere di amare». Lo scrive l'ex governatore siciliano Totò Cuffaro scarcerato ieri.

«Mi impegnerò perchè possano migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Vivendo in cella ho imparato quanto sia importante non sentirsi esclusi e non essere dimenticati dalla società». È l'impegno che, dopo il ritorno in libertà, Salvatore Cuffaro si è assunto perchè, scrive, «non voglio scordare gli anni del carcere, le persone che mi sono passate accanto, quelle che vi sono rimaste». «Serbo nel cuore - aggiunge - il ricordo di tutti, non lo voglio scordare, non voglio scordare questa parte di vita. Non voglio scordare le molte sofferenze, le lacrime versate e quelle trattenute, il bruciore della mente, l'angoscia, gli assalti della disperazione». Dopo avere affermato che «la purezza dell'anima si conquista non solo pensando ma anche operando nel bene», Cuffaro ribadisce che la riflessione suscita «dubbi», che «è necessario essere sinceri con se stessi» e che bisogna «dare al pensiero lo spazio del sapere, della verità, della fede e della Misericordia».

Uscito dal carcere ieri, ancora una volta ha scacciato lontano da sè l'accusa di mafia: "Sono innocente. Ma ho pagato i miei errori. Contro la mafia sono andato a sbattere". L'ex governatore della Sicilia lascia il carcere di Rebibbia poco prima delle dieci. Riassapora i primi istanti di libertà da solo. Il figlio e il fratello Silvio lo aspettavano dall'ingresso principale ma Totò lo fanno uscire dall'Aula Bunker.

Nella sua nuova vita dice non ci sarà spazio per la politica. "E' un ricordo bellissimo - spiega - Ora ho altre priorità. Ho amato la politica e non rinnego nulla di ciò che ho fatto non mi sento tradito". Dopo poco meno di 1.800 giorni di carcere, una laurea in giurisprudenza quasi presa, è il momento di ricominciare. "Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere io li ho pagati, altri no", ci tiene a sottolineare Totò. La prima cosa che farà sarà quella di tornare in Sicilia per riabbracciare la madre - "Non mi hanno permesso di vederla". Poi si occuperà dei più deboli, dei detenuti. "Aiuterò chi sta in carcere e non se lo può permettere - annuncia - E andrò in Africa a fare il medico volontario nell'ospedale che ho fatto costruire quando ero presidente della Regione".

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