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Ankara, attentato al corteo per la pace: il bilancio sale a 97 morti e 186 feriti

Una violenta esplosione si è verificata sotto al ponte che conduce alla stazione ferroviaria di Ankara

ANKARA. Il più sanguinoso attacco  terroristico nella storia della Turchia colpisce una marcia per  la pace nella capitale Ankara ad appena 20 giorni dalle cruciali  elezioni politiche anticipate.  Due violente esplosioni in pochi secondi e a pochi passi  dalla stazione ferroviaria, nel pieno centro della città, hanno  ucciso intorno alle 10 di stamani almeno 86 persone tra le  migliaia radunatesi per chiedere di fermare l'escalation del  conflitto con il Pkk curdo e riaprire i negoziati di pace. Di  queste, ha spiegato il ministro della Salute Mehmet Muezzinoglu,  62 sono morte sul colpo e 24 poco dopo per le ferite riportate.  Ma il partito filo-curdo Hdp, che conta decine di attivisti tra  le vittime e ha subito istituito un'unità di crisi per seguire  la vicenda, parla di 97 morti.   Il timore è che comunque il bilancio possa aggravarsi nelle  prossime ore, perchè negli ospedali della città sono ricoverati  almeno 186 feriti, di cui 28 in gravi condizioni.

 Nessuna rivendicazione immediata, ha fatto sapere il governo,  che parla di un probabile attacco kamikaze. Una strage senza  precedenti in un Paese che pure neanche tre mesi fa aveva già  dovuto piangere i 33 attivisti filo-curdi diretti a Kobane e  uccisi da un kamikaze a Suruc, al confine con la Siria. Un  attacco che aveva trascinato la Turchia nel caos, facendo da  miccia per la riapertura del conflitto con il Pkk dopo una  tregua in vigore dal 2013. Ora, temono in molti, la situazione  potrebbe aggravarsi ulteriormente, nonostante a poche ore dalla  strage i guerriglieri curdi abbiano annunciato un cessate il  fuoco unilaterale per favorire la sicurezza del voto nel sud-est  del Paese, da cui il governo turco voleva trasferire i seggi.

«Condanniamo con forza questo attacco che prende di mira  l'unità del Paese», ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan,  facendo subito ritorno nella capitale da Istanbul. Annullati i  suoi impegni in agenda, come quelli dei principali leader  politici, che hanno sospeso la campagna elettorale ancor prima  che venissero dichiarati tre giorni di lutto nazionale. In  Turchia messaggi di cordoglio sono giunti da tutto il mondo.    «Nessuno ha rivendicato le esplosioni», ha spiegato il  premier Ahmet Davutoglu, indicando come potenziali sospetti Isis  e Pkk ma anche le sigle di estrema sinistra Dhkp-c e Mlkp. «È  l'episodio più doloroso della storia della repubblica», ha  aggiunto il capo del governo, lanciando un appello all'unità ai  partiti di opposizione - tranne quello curdo - con cui si  incontrerà domani.      Secondo il governo, «ci sono seri indizi» della presenza sul  luogo delle esplosioni di due attentatori suicidi. «Negli ultimi  tre giorni a Istanbul e Ankara sono stati arrestati diversi  potenziali kamikaze», ha rivelato Davutoglu, precisando che a  Istanbul si trattava proprio di un membro del Dhkp-c.

«Stiamo assistendo a un enorme massacro. È una continuazione  di quelli di Diyarbakir e Suruc», ha attaccato però il leader  del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas, rievocando  l'attentato a un suo comizio nella 'capitalè curda del sud-est  in cui morirono 2 persone alla vigilia del voto del 7 giugno.  L'Hdp punta il dito contro il governo Davutoglu, giudicato  incapace di garantire la sicurezza dei manifestanti contro pezzi  deviati delle istituzioni che potrebbero aver organizzato  l'attentato: «Siamo di fronte a uno stato assassino che si è  trasformato in una mafia».      Una situazione di caos a soli 20 giorni dalle elezioni, dove  secondo i sondaggi come a giugno l'Akp di Erdogan rischia di  ritrovarsi senza la maggioranza assoluta di cui aveva goduto per  13 anni. E ancora una volta, a negargliela sarebbe l'ingresso  dei curdi in parlamento.

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