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Regione, senza paghe e certezze: i forestali e i precari pronti a tornare in piazza

PALERMO. I primi a scendere in strada saranno i forestali, che da aprile non hanno ancora visto un euro e martedì mattina protesteranno davanti all’assessorato regionale all’Economia a Palermo. L’indomani toccherà ai lavoratori della formazione che in piazza Indipendenza chiederanno di incontrare il governo. A ruota li seguiranno i precari degli enti locali, i cui contratti sono in scadenza e annunciano «una stagione di battaglie infinite». L’autunno caldo in Sicilia è già iniziato, con oltre 50 mila lavoratori in orbita regionale sul piede di guerra per assicurarsi stipendi e proroga dei contratti.

Forestali nel caos

Ci sono 24 mila operai al lavoro che da aprile non hanno beccato ancora un quattrino. Il motivo? «Agli uffici del bilancio - spiega Salvatore Tripi della Cgil - hanno portato avanti un’operazione di verifica dei conti che ha rallentato le pratiche di pagamento». In sostanza gli uffici sono stati impegnati in una maxi operazione di verifica del bilancio sui cosiddetti residui attivi, cioè crediti difficilmente esigibili, e per una questione prettamente tecnica i pagamenti sono slittati. Dal dipartimento assicurano che «adesso le procedure per i pagamenti ripartiranno rapidamente» ma i sindacati denunciano altri problemi. «È ancora tutto bloccato - dice Gaetano Pensabene della Uil - i lavoratori che da contratto devono svolgere 151 giornate sono stati sospesi e rischiano di non portare a termine questo periodo, perchè il bilancio non ha girato all’Azienda foreste i 12 milioni per proseguire le attività. Vorrei sperare che non si tratti di un disservizio dovuto a qualche funzionario in ferie».

Così i confederali hanno annunciato per martedì una protesta in via Notarbartolo a Palermo «visti i considerevoli ritardi già accumulati nella corresponsione delle mensilità già maturate». Fabrizio Colonna della Cisl spiega che «mancano ancora cento milioni per il settore. Ci sono 8 mila operai che devono svolgere 78 giornate e non sono stati ancora avviati al lavoro».

La furia dei precari dei Comuni

Stipendi in ritardo e la solita spada di Damocle che incombe: serve una proroga dei contratti per evitare tra qualche mese il licenziamento dei 22 mila precari. «I Comuni hanno difficoltà a pagare gli stipendi dice Massimo Bontempo del Movimento giovani lavoratori - e la legge approvata lo scorso anno ha introdotto tutta una serie di vincoli che rendono difficilissima non solo la stabilizzazione ma anche la proroga dei contratti. La situazione è catastrofica, il governo e i deputati si prendano le loro responsabilità o siamo pronti a una stagione di battaglie infinite». Anche i confederali chiedono di incontrare il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e annunciano manifestazioni: «Abbiamo posto le questioni per tempo al governo della Regione - dice Enzo Abbinanti della Cgil - spiegando la gravità della crisi sociale e amministrativa che si determinerebbe se alle scadenze di fine anno o del 2016 questi lavoratori non trovassero più sbocchi futuri per effetto delle leggi restrittive». E Mariella Maggio, parlamentare del Pd, annuncia «un disegno di legge-voto che chiede al Governo nazionale uno strumento capace di permettere alla Sicilia la stabilizzazione definitiva di tutti i precari».

Formazione in fermento

I due bandi dell’assessorato pubblicati nel giro di una settimana hanno messo scompiglio nel settore. Gli oltre 200 milioni messi in campo hanno spaccato i sindacati e c’è un fronte, quello degli autonomi, che teme che il metodo di distribuzione delle risorse agli enti possa causa licenziamenti. Così i Cobas assieme a Uslal e «Gli irriducibili» protesteranno mercoledì in piazza Indipendenza dalle 9,30 davanti a Palazzo d’Orleans. Ma il timore di tutti i sindacati è che l’iter per avviare i nuovi corsi possa dilungarsi troppo e a quel punto gli enti, senza liquidità, siano costretti a ricorrere a licenziamenti e contratti di solidarietà nei confronti dei dipendenti. Oggi se 3 mila formatori sono disoccupati, altri 3 mila sono ancora in capo agli enti. «In caso di licenziamento - hanno più volte spiegato Cgil, Cisl e Uil - il personale non sarebbe coperto da ammortizzatori sociali e non avrebbe alcun sostegno al reddito». Ecco perchè i sindacati e l’assessore Mariella Lo Bello hanno chiesto un tavolo tecnico a Roma per affrontare la questione e sperano in una convocazione i primi di settembre.

La crisi degli enti regionali

In attesa che da Roma, i primi di settembre, arrivino i 300 milioni promessi, inseriti in una legge approvata a Roma, ci sono migliaia di altri dipendenti di enti sempre in orbita regionale che vivono da mesi una crisi senza fine. È di pochi giorni fa la notizia che la Ragioneria generale dell’Agricoltura ha firmato il decreto d’impegno delle somme per l’Ente di sviluppo agricolo. «Ora la Regione acceleri i pagamenti» attacca Forza Italia. Ma i sindacati puntano il dito anche sui ritardi «nei consorzi di bonifica o sulla crisi dell’Aras dove sono stati avviati i licenziamenti di 65 dipendenti».

Migliorano i conti

L’assessorato al Bilancio ha portato a termine l’operazione di verifica dei conti, un accertamento che viene fatto annualmente ma che quest’anno ha richiesto uno sforzo aggiuntivo per via del nuovo tipo di sistema contabile introdotto da Roma. In pratica la Regione dovrà gestire le risorse con maggiore attenzione e detto in parole semplici non basterà più sapere quanto incasserà e potrà inserire tra le entrate, ma anche quando. Questo per evitare l’aumento dei residui attivi, cioè i crediti difficilmente esigibili. Dagli uffici del Bilancio spiegano che «l’operazione ha portato all’accertamento di circa 5 miliardi di residui attivi, un dato che migliora perché nel tempo qualcosa è stata incassata. Grazie alla nuova normativa da quest’anno possiamo ammortizzare il piano di risanamento di queste somme in 30 anni e non più in 3 anni come nel passato, un’occasione storica per la Sicilia per fare chiarezza sui conti».

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