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Cooperante ucciso, necessario l'esame del Dna per scoprire che si trattava di Lo Porto

ROMA. È stato necessario l'esame del Dna, il cui risultato si è appreso solo nelle ultime ore, a dare la conferma che una delle persone uccise nel raid del drone Usa in Pakistan era il cooperante italiano Giovanni Lo Porto. È quanto si apprende da fonti di intelligence.

Dopo il raid delle forze Usa contro un compound nel quale si sospettava ci fossero talebani di primo piano, ricostruisce una fonte, si è visto che tra i cadaveri c'erano quelli di due soggetti «non classificabili» come talebani.  È stata dunque avviata dai militari americani l'operazione di recupero dei resti, che è stata particolarmente complicata.

I resti dei corpi sono quindi stati portati negli Stati Uniti per l'esame del Dna, reso difficoltoso dal cattivo stato di conservazione. I risultati che indicavano che il Dna era quello di Giovanni Lo Porto si sono avuti, riferisce la fonte di intelligence, solo nelle ultime ore. Durante la recente visita del premier Matteo Renzi a Washington, viene sottolineato, il presidente americano Barack Obama non aveva quindi la notizia ufficiale sull'identità dei resti, che è stata comunicata solo nelle ultime ore, dopo il responso sul Dna.

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