Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Milazzo: «Fondi europei: due miliardi fermi per incapacità della politica»

Per il segretario della Cisl «in un anno bisognerebbe fare ciò che non è stato fatto in sei. Ed è l’ora dell’operazione verità sui conti»

PALERMO. «La Sicilia resta in ritardo nella spesa dei fondi europei. Nell'ambito del Fondo per lo Sviluppo Regionale entro il 31 dicembre di quest'anno deve spendere ancora oltre 2,2 miliardi; relativamente al Fondo Sociale Europeo, invece, 19 milioni». A snocciolare queste cifre è il segretario della Cisl Sicilia, Mimmo Milazzo, che definisce «preoccupante» l'andamento della spesa, in particolare, di quella relativa al Fesr, che è ferma al 48,5% rispetto a un obiettivo fissato dall'Unione europea del 60,4%. «L'alta percentuale di somme non spese - afferma Milazzo - ci preoccupa dal momento che in un anno bisognerebbe fare ciò che non è stato fatto in sei anni. E se ciò non viene fatto scatta il disimpegno delle somme. Ciò per la Sicilia significherebbe mancare un ulteriore occasione di sviluppo».

A che cosa sono legati questi ritardi nella spesa?

«I ritardi vanno attribuiti all'incapacità della politica regionale di dotarsi di un piano di sviluppo economico strategico che incorpori settori chiave come la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo sostenibile, oltre alle infrastrutture. Gli uffici invece non hanno saputo predisporre progetti adeguati e adeguatamente finanziabili».

Se sulla spesa dei fondi europei la Sicilia soffre, ma anche il bilancio regionale non gode di buona salute. Come giudicate l'esercizio provvisorio approvato dall'Ars?

«Siamo stati critici anche se la Regione è stata costretta a farlo. A noi non piace che venga approvato solo un bilancio provvisorio, perché crediamo che l'approvazione del bilancio debba essere realizzata entro il 31 dicembre dell'anno precedente. Una Regione a statuto speciale non può diluirla nel tempo dal momento che da essa dipendono i fondi per le amministrazioni locali e per i servizi. Quindi occorre un'inversione di tendenza. Altrimenti gli enti locali hanno difficoltà nella programmazione. Inoltre, un confronto è importante perché l'esercizio provvisorio prevede che la Regione incassi un miliardo e 700 milioni dallo Stato per tributi ma di fatto non c'è certezza che ciò avvenga».

Qual è la vostra opinione sul piano dell'assessore all'Economia, Alessandro Baccei, che prevede la riduzione delle partecipate da 34 a 11?

«Siamo d'accordo sul fatto che sulle partecipate bisogna creare un percorso di fusione e di accorpamento, indubbiamente per quelle che sono simili. Certo, è impensabile di unire Riscossione Sicilia con una società di servizi. Però, è chiaro che anche nelle partecipate si annida spesa improduttiva. Basta guardare i consigli di amministrazione e le consulenze assegnate, oltre ai consumi intermedi di funzionamento. Risorse che potrebbero essere utilizzate per altre esigenze della Regione. Su questo occorre che il governo apra un confronto con le parti sociali».

Che cosa serve a vostro avviso per consentire il rilancio dell'economia siciliana?

«Innanzitutto, bisogna incrementare le attività produttive nei filoni tradizionali con la maggiore fruizione e la messa in rete dei beni culturali. Ciò potrebbe, ad esempio, determinare un flusso turistico maggiore. Occorre puntare anche sull'agro-alimentare e rilanciare i siti industriali, dai poli del Messinese e del sud-est dell'isola a quelli delle aree di Gela e Catania ma anche i cantieri navali di Palermo e lo stabilimento di Termini Imerese. Non è concepibile poi che la Regione non si sia dotata di un piano energetico regionale».

Dal primo gennaio anche la Sicilia deve confrontarsi con la nuova contabilità a livello regionale. Affronterete l'argomento oggi a Palermo. In cosa consiste la riforma introdotta dal governo nazionale?

«La Regione con l'esercizio provvisorio ha recepito integralmente in Sicilia l'armonizzazione dei sistemi contabili previsti dallo Stato, entrata in vigore dal primo gennaio. La difficoltà sta nel fatto che le nuove norme prevedono un sistema di contabilità che vale per le Regione, per Comuni e Province in base al quale i residui attivi devono essere reali ed esigibili. La Regione ne ha per 15 miliardi ma secondo la Corte dei conti non sono esigibili residui attivi tra i 3 e i 5 miliardi. Ma ciò vale anche per tutti i Comuni. Quelli che non sono esigibili compongono un buco di bilancio. Quindi il momento della rivisitazione dei bilanci sarà abbastanza delicato perché bisogna fare un'operazione verità sui conti. Da ora in poi Regione ed enti locali non potranno più indebitarsi in previsione di entrate future. A giustificare le spese serviranno coperture effettive e certe per l'anno cui quelle spese si riferiscono. E i residui attivi così non potranno più essere usati come escamotage nei bilanci per giustificare spese senza copertura. Noi ci confronteremo oggi nel corso di un convegno su quest'argomento all'Nh Hotel di Palermo assieme all'Anci Sicilia. Interverrà infatti anche il presidente, Leoluca Orlando».

Per la Sicilia che significa questa novità?

«Che già entro aprile di quest'anno gli enti locali, entro il prossimo luglio la Regione, dovranno chiudere il rendiconto 2014 nei termini del bilancio consolidato, con le partecipate. Quest'operazione creerà non poche difficoltà anche se le pubbliche amministrazioni hanno 30 anni di tempo per ammortizzare l'eventuale buco di bilancio. Ciò significa che se non si hanno soldi non si può spendere, non è più possibile creare debiti fuori bilancio».

Tag:

Caricamento commenti

Commenta la notizia