ROMA. Rod Stewart compie 70 anni e la prima cosa che viene in mente è: «Chi non vorrebbe arrivare a 70 anni come Rod Stewart?». Il 27, il 30 e il 31 gennaio il «biondo» settantenne canterà al Ceasers Palace di Las Vegas per quei cachet a molti zeri che esistono solo lì. Tra marzo e aprile invece sarà in tour in Australia e Nuova Zelanda. Nel frattempo «Rod», la sua autobiografia va a ruba. In ottobre aveva festeggiato i 50 anni della pubblicazione del primo singolo della sua carriera, «Good Morning Little School Girl». Ha diversi matrimoni alle spalle, l'ultimo con Penny Lancaster (di sette anni più giovane della prima figlia di Rod) celebrato nel 2007 in Italia, un passato costellato di sbronze, successi, flirt ultra famosi e tanto football. Stewart è nato a Londra ma, insieme a sua madre, è l'unico della famiglia (oltre al padre ci sono due fratelli e due sorelle) a non essere scozzese. E lui è molto fiero di queste sue origini ed è super tifoso del Celtic Glasgow. Il calcio è la sua grande passione insieme alla musica: quando era ragazzo aveva avuto la possibilità di entrare nel giro professionistico ma ha scelto la musica. E nessuno può dargli torto. Tanto si è consolato giocando tutta la vita con la nazionale cantanti e un gruppo di suoi colleghi british immigrati, come lui, a Los Angeles. Rod Stewart è cresciuto nella leggendaria scena blues inglese dei primi anni '60 che ha generato il rock moderno.
Dai primi passi importanti con Jeff Beck, dove ha conosciuto il suo grande amico Ronnie Wood, ai «Faces» con i quali inizia con un ferroso folk blues costruendo, da «Maggie May» in poi, un'impressionante serie di singoli che, dopo aver lasciato i Faces, lo hanno portato a diventare, una volta trasferitosi a Los Angeles, un divo assoluto del più elegante pop rock. Secondo le statistiche le copie vendute dei suoi dischi ammontano a 200 milioni. Il fatto è che il grande tifoso del Celtic ha una delle più belle voci in circolazione. Una voce roca, inconfondibile, duttile (nelle sue ultime prove si è dedicato al Great American Songbook) che si aggiunge a una presenza scenica formidabile, una indiscutibile simpatia e l'aria di chi la sa davvero lunga. Così come quelle dei suoi coetanei con cui ha cambiato la storia del rock, la sua è una vita da uomini straordinari, una di quelle vite in cui restano davvero poche le cose che possono sorprendere.
Una di queste però gli è accaduta a Sanremo nel 1991, quando Adriano Aragozzini, allora direttore artistico, lo cacciò dal festival dove era arrivato come super ospite . In modo clamoroso. Rod Stewart voleva cantare un solo brano invece dei due previsti dall'accordo. In attesa delle prove si era appena seduto in uno stanzino dell'Ariston per incontrare un ristretto gruppo di giornalisti italiani. Neanche il tempo dei convenevoli e la conversazione venne interrotta dall'ingresso di Aragozzini che dopo aver annunciato (per cosi« dire), in italiano e ad alta voce, ai giornalisti che Rod Stewart non avrebbe cantato, se ne andò sbattendo la porta. Ce l'ha con me? chiese, ottenendo in risposta imbarazzati mugugni. La conversazione riprese, ma fu subito interrotta da un nuovo ingresso di Aragozzini. A quel punto gli fu spiegato cosa stava succedendo. Dalla sua espressione era facile capire che una cosa così non gli era mai capitata. Chissà se gli verrà in mente domani, quando festeggerà i suoi 70 anni da far invidia.
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