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Il premier Renzi senza terra promessa

Crisi e sfiducia nella politica: attesa per le decisioni della Bce e della Merkel

Lo stato d’animo degli italiani in questo inizio d’anno assomiglia a quello dei marinai di Cristoforo Colombo, se al navigatore genovese può paragonarsi il nostro presidente del Consiglio. All’inizio del viaggio i marinai credettero in lui, ma cominciarono ad innervosirsi quando dopo un mese non si vedeva l’ombra di una qualunque striscia di terra.

Ci fu anche un principio di ammutinamento, che in un parallelo col regime democratico può sostanziarsi nel rifiuto delle urne (clamoroso quello dell’Emilia Romagna) o nell’antipolitica antieuropeista (Salvini e non solo).

Il 10 ottobre 1492 Colombo disse che se entro tre o quattro giorni non si fosse avvistata la terra, l’intera impresa sarebbe stata ridiscussa, non escludendo il ritorno a casa. Dopo due giorni la terra fu raggiunta e Colombo diventò Colombo. Il nostro ammiraglio di palazzo Chigi si trova in una condizione più complicata.

I sondaggi sono allarmanti: la popolarità di Renzi resta elevata, ma al tempo stesso la sfiducia verso una soluzione graduale della crisi lascerebbe immaginare addirittura a un italiano su tre che una soluzione autoritaria sarebbe migliore dell’impotente opzione democratica. La storia italiana ci insegna che Mussolini ebbe paradossalmente il massimo consenso tra il ’30 e il ‘36, quando tenne botta ai postumi della crisi del ’29 con un enorme investimento in opere pubbliche (dalle bonifiche pontine alla costruzione di decine di nuove piccole città), in iniziative sociali (dalle colonie marine ai dopolavoro) e in ammodernamento finanziario e industriale (dall’Iri all’Imi) in cui ebbe il contributo decisivo di uno straordinario antifascista come Alberto Beneduce, che si avvalse della collaborazione di Donato Menichella e di Enrico Cuccia. Premesso che la libertà non ha prezzo, l’Italia di allora era infinitamente più povera di quella d’oggi, la difesa del cambio con l’oro fece crollare le esportazioni, la riduzione dei salari fu maggiore di quella dei prezzi, la disoccupazione crebbe e soltanto la guerra d’Etiopia riportò paradossalmente l’economia ai livelli pre crisi, come gli Stati Uniti uscirono davvero dalla crisi solo con gli investimenti bellici per la seconda guerra mondiale.

Oggi Renzi non ha la terra promessa a due giorni di distanza e gli obblighi internazionali castrano i governi europei costretti a una crescita assai più bassa di quelli (Stati Uniti e Inghilterra) che governano autonomamente la moneta. Ma se a Colombo fu un ramo di fiori freschi galleggiante sull’acqua a dire che la terra era vicina, questo gennaio dirà a Renzi e a tutti noi quanto lontano sia il nostro Nuovo Mondo. In pochi giorni sapremo come si muoverà la Banca centrale europea, quanti soldi verranno davvero fuori dalle tasche di Jean Paul Junker e quando, mentre prima delle pericolose elezioni greche del 25 gennaio Angela Merkel (anche incontrando Matteo Renzi) dovrà chiarire fino a che punto è disposta ad attenuare il suo infruttifero rigore.

Si aggiunga che alla fine del mese potremmo avere il nuovo presidente della Repubblica. Poco rilevante nella strategia economica internazionale. Moltissimo per l’immagine e la credibilità dell’Italia. Se tra un mese il Nuovo Mondo non sarà nemmeno alle viste, la navigazione di capitan Renzi potrebbe complicarsi. Non tanto nel mondo politico, quanto nel Paese.

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