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Caltanissetta, squillo non ha estorto soldi da collega, assolta

CALTANISSETTA. Non le ha estorto il becco di un quattrino. Lei, accusata di avere spillato soldi ad un'altra "lucciola", come lei, per farsi risarcire per i clienti le aveva soffiato, è stata assolta. Al contrario di come ha ritenuto l'accusa che ha chiesto pure la condanna a tre anni e cinque mesi. Ma la sessantenne Maria B. (difesa dall'avvocato Dino Milazzo) è stata assolta dal giudice David Salvucci «perché il fatto non sussiste». Lei che, per l'accusa, avrebbe preteso una sorta di risarcimento perché l'altra s'era messa ad esercitare in un appartamento a poca distanza dal suo, finendo per sottrarle frequentatori. Ecco perché - secondo il pm - avrebbe deciso di chiederle denaro. Come fosse una forma d'indennizzo.
Estorsione e tentata estorsione i reati che le sono stati contestati, ai danni di un'altra prostituta, l'adesso settantacinquenne A.A che ha poi scelto di non costituirsi parte civile nel dibattimento. È nel cuore dello storico rione della Provvidenza, in via Firenze in particolare, che sai sarebbe giocata quella partita di forte concorrenza tra le due donne. Una, l'imputata che esercitava già da tempo e che a un certo punto avrebbe sentito come invaso il suo territorio. Ma soprattutto si sarebbe sentita toccata negli interessi e nel portafogli. Già perché la clientela, d'improvviso, sarebbe diminuita. Così come gli "affari". Che sarebbero andati sempre più indietro. E le ragioni di quel calo - per gli inquirenti - le avrebbe imputate all'arrivo della concorrenza. Rappresentata dall'altra donna che - è stata la teoria alla base della ricostruzione accusatoria - si sarebbe accaparrata diversi clienti. E poi c'è l'altra, la parte lesa, alla base dell'apertura di quell'improvvisa presunta disputa concorrenziale. Che si sarebbe fatta aspra. Soprattutto nei toni. Tanto da esser al centro di una sorta di chiarimento tra loro. Ma quel faccia a faccia non sarebbe andato per il verso giusto. E da quel momento i rapporti tra loro sarebbero peggiorati. Fino a quando - è stato il teorema della procura - la donna che si sarebbe sentita danneggiata, avrebbe chiesto denaro all'altra. Come a risarcirla. E avrebbe finito per essere costretta a consegnarle trecento euro, ha raccontato agli inquirenti. Poi, sempre secondo la sua versione, quelle richieste si sarebbero ripetute. E si è presenta in questura per denunciare. Raccontando che l'indomani l'altra si sarebbe ripresentata in casa sua per riscuotere altri soldi. Gli inquirenti hanno preparato un appuntamento-trappola per l'indomani pomeriggio. Ma a quell'incontro l'imputata non è mai andata. E ieri ha pure incamerato l'assoluzione con formula piena.

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