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Processi troppo lunghi, l’Ue condanna l’Italia

I fatti avvennero nel 2000. Per i giudici la durata dei dibattimenti ha provocato per troppi imputati il prosciogimento per prescrizione

CAGLIARI. Gli agenti colpevoli degli atti di violenza avvenuti nel carcere di San Sebastiano a Sassari il 3 aprile 2000 non hanno ricevuto pene proporzionali al reato commesso. Così la Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per aver sottoposto a trattamento inumano e degradante uno dei detenuti, Valentino Saba, che aveva ricorso contro gli atti di violenza subiti, assieme ad una ventina di carcerati, 14 anni fa. La Corte ha stabilito che lo Stato gli deve versare 15mila euro per danni morali, ne aveva chiesti 100mila ma non gli è stata riconosciuta la tortura. I giudici hanno anche stigmatizzato i tempi lunghi del processo, il fatto che molti colpevoli siano stati prosciolti per prescrizione e i condannati abbiano avuto pene troppo leggere in rapporto ai fatti.
Un gruppo di familiari di detenuti di San Sebastiano presentarono una denuncia alla Procura della Repubblica sostenendo che il 3 aprile i loro congiunti erano stati vittime di un pestaggio. Secondo l'esposto presentato alla magistratura i detenuti coinvolti erano alcune decine. La vicenda era avvenuta durante il trasferimento di detenuti dopo una loro manifestazione di protesta organizzata contro le condizioni dell'istituto. La Procura della Repubblica avviò una indagine.
L'inchiesta mise a rumore il mondo carcerario: un mese dopo, il 3 maggio 2000, vennero eseguiti 82 ordini di custodia cautelare, dei quali 22 in carcere. Finiscono in cella a Benevento il provveditore Giuseppe Della Vecchia, il capo degli agenti Ettore Tomassi, a Alghero 19 sottufficiali, mentre la direttrice Maria Cristina Di Marzio venne rinchiusa a Badùe Carros (Nuoro). Altri 60 agenti e sottufficiali messi agli arresti domiciliari.
Il 12 maggio dello stesso anno il Gip accoglie le istanze dei difensori e dispone la revoca delle misure cautelari e la liberazione di tutte le guardie, dei sottufficiali e dei dirigenti. Dagli ordini di custodia cautelare emerse che durante il trasferimento una ventina di detenuti vennero «trascinati con la forza, picchiati violentemente con calci, pugni, schiaffi, colpi di bastone e di manganello, inondati con secchiate di acqua gelata, costretti a denudarsi, subire le violenze senza potersi lamentare o muovere, salire sui mezzi dell'amministrazione seminudi, feriti, sporchi di sangue ed escrementi».
Nel febbraio 2004 il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Sassari decise per l'assoluzione di 64 imputati. La pena più alta venne inflitta all'ex provveditore regionale Della Vecchia condannato a un anno e sei mesi (ridotta di due mesi in appello), un anno e quattro mesi per l'ispettore Tomassi (pena aumentata di quattro mesi in appello). Mentre l'ex direttrice del carcere Di Marzio a un anno di reclusione (ridotta a 10 mesi in appello). Ultima coda il 29 settembre 2009 quando la vicenda dei pestaggi si è chiusa con due assoluzioni per non aver commesso il fatto e sette prescrizioni per nove agenti della Polizia penitenziaria che avevano scelto il rito ordinario.
Il presidente nazionale dell'associazione Antigone, Patrizio Gonnella, ha ribadito che «non è più rinviabile la convocazione di un tavolo politico che dia risposte ferme su alcuni temi: l'inserimento del reato di tortura nel codice penale; la non impunità per chi commette atti di violenze verso persone che si hanno in custodia; meccanismi di educazione e formazione adeguati per il personale delle forze dell'ordine».
«Mi sorprende, a 14 anni dai fatti, la condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani su quel che avvenne nel carcere San Sebastiano di Sassari nell'aprile del 2000»: afferma intanto il segretario generale del Sappe Donato Capece.

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